Dott.ssa Federica Fabbri

Medico di Medicina Generale

Specialista in Psicologia Clinica

Consigli per Mamme e Papà

Campagna Informativa "Lo sai Mamma?"
"Lo sai mamma?" è un prodotto del Laboratorio per la Salute Materno-Infantile dell’Istituto "Mario Negri" di Milano in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

IL PERCORSO DELLA PRIMA INFANZIA
Brevi consigli pratici per il tuo bambino

Presentazione - Acido Folico - Viaggiare in auto - Febbre, tosse e mal d'orecchio - Vacanze al mare - Vomito e diarrea - Punture d'insetto - Pidocchi - Malattie infettive - Vitamine e neonati - Stipsi, stitichezza - Ossiuri - Influenza - Celiachia - Impetigine - Acari - Vaccino HPV - Scabbia - Dermatiti - Acne - Verruche - Congiuntivite - Micosi - Le influenze - Allattamento e farmaci - Nati per leggere - Bambini e TV - Mononucleosi - Bambini e Internet - Epilessia e Maternità - Coliche nel neonato - Depressione post-parto - SIDS, morte in culla - Incidenti domestici - Nati per la musica - Igiene dentale - Sicurezza in bici - Sicurezza in moto - Piedibus - Per una buona notte - Asma - La febbre nel bambino - Psoriasi

Presentazione

I consigli pratici della campagna informativa “Lo sai mamma?” sono rigorosamente scientifici e verificati e ti possono essere utili nella cura del tuo bambino Sono preparati con il contributo di:

Acido folico

Si raccomanda alle donne che programmano una gravidanza, o che non ne escludono attivamente la possibilità, di assumere regolarmente almeno 400 mcg (0,4 mg) di acido folico al giorno per ridurre il rischio di difetti congeniti.
E’ fondamentale che l’assunzione inizi almeno un mese prima del concepimento e continui per tutto il primo trimestre di gravidanza.

L’acido folico (o folato), è una vitamina contenuta nella frutta e nelle verdure: asparagi, broccoli, cavolini di Bruxelles, fagioli, cereali arricchiti, succo d’arancia, avocado, piselli, soia e ceci. Viene utilizzato dall’organismo per la riproduzione delle cellule; è perciò importante per la crescita dei tessuti e degli organi del feto. Purtroppo il nostro organismo non è in grado di immagazzinare grandi riserve di acido folico, e nei momenti di intenso utilizzo, come durante la gravidanza, la quantità assunta con la dieta può non bastare ed è necessario integrare con una dose ulteriore.

Ogni giorno tutte le donne dovrebbero assumere almeno 400 mcg (0,4 mg) di acido folico. Chiedi consiglio al medico o farmacista sul prodotto da assumere.

Nuove indicazioni consigliano di assumere acido folico da 3 mesi prima del concepimento; è comunque necessario assumerlo almeno un mese prima del concepimento (per aumentare le riserve) e proseguire per tutto il primo trimestre di gravidanza.

Se nella precedente gravidanza si è verificato un difetto del tubo neurale o l’ha avuto qualcuno della tua famiglia, o se sei in terapia con antiepilettici (che riducono l’acido folico nell’organismo) devi assumere una dose maggiore (fino a 5 mg).

Assumere acido folico prima che inizi la gravidanza riduce il rischio di gravi malformazioni del sistema nervoso nel nascituro, con anomalie a livello del cervello e della colonna vertebrale (difettosa chiusura del tubo neurale), che possono determinare aborto o handicap permanenti. La più comune è la spina bifida.

Viaggiare in auto - Cinetosi

La cinetosi (mal d’auto/di mare/d’aereo) è un disturbo dovuto ad una eccessiva stimolazione delle strutture dell'equilibrio situate nell'orecchio, quando il corpoè sottoposto a sollecitazioni rapide come durante il movimento.
I primi sintomi consistono in uno stato di malessere generale, con pallore, sudorazione fredda, agitazione, a cui seguono spesso nausea e vomito irrefrenabile e ripetuto.

Alcuni consigli:

E’ preferibile non affrontare i viaggi a stomaco vuoto o dopo un pasto abbondante. Un rimedio da provare consiste nel dare un ghiacciolo da succhiare durante il percorso.

Si raccomanda di far viaggiare sempre il bambino in un seggiolino omologato per età e peso. Il posto più sicuro sia per il bambino piccolo che per un bambino grande è il sedile posteriore dell’auto: il rischio di trauma è maggiore sul sedile anteriore, con o senza l’air-bag.

Febbre, tosse e mal d'orecchio

LA FEBBRE

La febbre è un meccanismo utile per aiutare il nostro organismo a combattere le infezioni.
Si parla di febbre quando la temperatura corporea supera i 37,5°C, se è inferiore a 38,5°C e il bambino non è sofferente,è meglio non trattarla subito, ma attendere almeno 24 ore sorvegliando attentamente il bambino prima di ricorrere ai farmaci.
Consigli:

Nei lattanti, non è necessario sospendere l’allattamento al seno.

Se è necessario un farmaco la prima scelta è il paracetamolo (sciroppo, supposte o altro in base all’età, seguendo attentamente le istruzioni riportate nelle confezioni in commercio) o l’ibuprofene (dietro prescrizione medica). Non associare né alternare i due farmaci. Se la febbre non scompare dopo 24 ore consultare il pediatra.

LA TOSSE

La tosse è un sintomo che infastidisce il bambino (non lo fa dormire, a volte gli provoca il vomito) e che preoccupa i genitori, ma in realtà è un meccanismo generalmente “utile” per eliminare il catarro.
È importante aiutare il bambino facilitando l’espulsione del catarro, per es. rendendolo più fluido.

Consigli:

Per quanto riguarda i farmaci comunemente in commercio, la loro efficacia non è del tutto dimostrata.

OTALGIA

Nel bambino il mal d'orecchio (otalgia) è abbastanza frequente come conseguenza di una malattia da raffreddamento, o come sintomo di una infezione (otite).
Per alleviare il dolore e/o la febbre, in attesa della visita del pediatra, è utile il paracetamolo. Se il bambino ha anche raffreddore, i lavaggi nasali con soluzione fisiologica possono dare sollievo, mentre le gocce otologiche vanno usate con molta cautela e su indicazione del medico perché, in caso di perforazione del timpano, potrebbero causare danni all’orecchio.

Vacanza al mare - Esposizione al sole

Il sole fa bene perché favorisce la formazione della vitamina D, indispensabile per l’assorbimento del calcio e la sua deposizione nelle ossa ma bisogna evitare che il bambino si “scotti”.
Le scottature (forte rossore e bruciore della pelle) durante l'infanzia, possono rivelarsi pericolose da adulti (aumentano il rischio di melanoma).

Applicare la crema protettiva non vuol dire poter stare al sole tutto il tempo che si vuole.

Vomito e diarrea

Il vomito occasionale non deve preoccupare, generalmente è associato a una malattia acuta (es. influenza, faringite, otite), e si risolve spontaneamente quando l'infezione guarisce. In genere non è necessario utilizzare farmaci.
È essenziale evitare la perdita di liquidi (disidratazione):è importante che il bambino beva spesso, anche poco, senza forzarlo. Se vuole il bambino può mangiare, in piccole quantità
(meglio i cibi semiliquidi e non caldi).
Se il bambino è allattato al seno, si può proseguire l’allattamento.
Solo in rari casi può essere necessario impiegare un medicinale; la sua valutazione spetta comunque al pediatra.
Se il vomito si presenta in un lattante o compare dopo un trauma alla testaè necessaria una valutazione da parte del pediatra.

Il vomito ricorrente (durata 3-4 giorni con scomparsa e ricomparsa) nei bambini 2-8 anni di età può essere un sintomo dell’acetone: in alcune situazioni (es. febbre) il bambino si alimenta poco e l’organismo, non avendo più zuccheri a disposizione, è costretto a “bruciare” i grassi producendo prodotti di scarto (chiamati corpi chetonici) che vengono eliminati nelle urine e attraverso i polmoni: queste sostanze danno all’alito e alle urine il caratteristico odore di frutta (troppo) matura, di “acetone”.

Trattamento:

Anche per quanto riguarda la diarrea (feci liquide, scariche frequenti) nonè necessario usare farmaci. È essenziale ripristinare i liquidi per evitare la disidratazione; bisogna far bere molto: dare spesso piccole quantità di liquidi (acqua, succo di frutta, soluzioni reidratanti orali).
I bambini di età inferiore ai 6 mesi sono a maggior rischio di disidratazione; è particolarmente importante somministrare liquidi (utilizzare le soluzioni reidratanti orali). Se il bambino è allattato al seno, ha fame e non vomita, non c’è ragione di sospendere l’allattamento. Lo stesso vale per i lattanti che assumono latte artificiale.
Anche il bambino più grandicello se vuole, può mangiare. Non ci sono cibi da evitare assolutamente: il bambino può mangiare quello che preferisce anche se i cibi più indicati sono riso, pasta, pane tostato, patate, mela, banana.
Lavate (e fate lavare) spesso le mani per evitare che l’infezione si trasmetta ad altri.

Consultate il medico se il bambino:

I fermenti lattici sono molto utilizzati e possono essere utili per ridurre la durata della diarrea, ma il loro beneficio è modesto.

Punture di insetto

In caso di puntura di insetto, mettere un cubetto di ghiaccio avvolto in un involucro di cotone sulla zona colpita. Se si è punti in gola o sulla lingua conviene però andare subito al Pronto Soccorso.

Per il prurito:
Possono essere utili creme contenenti idrocortisone 0,5% (consultare il pediatra). In caso di dolore intenso può essere utile il paracetamolo (10-15 mg/kg ogni 6-8 ore).
Se il bambino è allergico al veleno di vespe e api e ha avuto in passato una reazione anafilattica, in occasione di gite in campagna o quando ci si reca in zone molto lontane da un Ospedale è necessario sempre portare l’adrenalina per autosomministrazione (Fastjekt®). La fiala deve essere conservata al riparo della luce; ogni 15 giorni bisogna controllare che non abbia cambiato colore o contenga precipitati.

Per proteggersi:
nelle escursioni in campagna far indossare pantaloni e indumenti a manica lunga introducendone il fondo all'interno delle calze;
possono essere utili i repellenti (p.es. DEET, KBR), che tengono lontane zanzare e tafani, non api o vespe. Nei bambini, non applicarlo vicino a occhi, bocca e sulle mani. Per gli estratti vegetali, applicare una piccola quantità di crema su un braccio prima di spalmarla sul corpo, per valutare eventuali allergie.
E’ meglio non utilizzare nessun tipo di repellente, nei bambini al di sotto dei 2 anni, i quali si portano spesso le mani al viso o alla bocca o si strofinano gli occhi con possibilità che si verifichino effetti indesiderati.

Pidocchi - Pediculosi

Il pidocchio è un insetto di 2-4 millimetri, che vive e si riproduce esclusivamente sulla testa dell’uomo (soprattutto nuca, tempie e dietro le orecchie) e si nutre del suo sangue.
La femmina deposita fino a 10 uova al giorno (le lendini), che si fissano fortemente ai capelli con una sostanza collosa. Da ogni lendine, nel giro di 20 giorni, nasceranno gli animali adulti.
Il contagio avviene esclusivamente per contatto, il pidocchio, non salta e non vola e può sopravvivere lontano dalla testa dell’essere umano 1-2 giorni al massimo.
È buona regola ispezionare di sovente la testa dei bambini, lavando loro i capelli un paio di volte a settimana con uno shampoo normale e controllando, in queste occasioni, l’eventuale presenza dei parassiti e/o delle loro uova. Queste, a differenza della forfora, hanno un aspetto tondeggiante e bianco grigiastro e sono tenacemente attaccate al capello, per questo motivo vanno uccise e sfilate.

La pediculosi (“avere i pidocchi”) si manifesta con un intenso prurito al capo e non è necessariamente segno di cattiva igiene.

Non esistono “farmaci preventivi”, ma solo rimedi successivi all’infestazione.
Il trattamento di prima scelta della pediculosi dovrebbe prevedere l’uso di prodotti a base di piretrine naturali o permetrina (nelle farmacie si trovano come schiuma o gel). È bene ripetere il trattamento dopo una settimana, e controllare i capelli degli altri componenti della famiglia. E’ importante, dopo l’uso degli antiparassitari assicurarsi che non ci siano più lendini vive sul capo utilizzando un pettine metallico a denti molto fitti, pettinando accuratamente ciocca per ciocca partendo dalla radice del capello e avendo cura di schiacciare le eventuali uova sopravvissute. L’utilizzo dell’aceto, che non è un insetticida, può contribuire a facilitare il distacco delle uova dal capello.
Gli antiparassitari, non servono a impedire il contagio; è fondamentale avere molta cura dei capelli, controllandoli periodicamente, e intrecciando o legando i capelli lunghi, per ridurre il contatto con i capelli di altre persone. Pettini e spazzole vanno lavati con acqua calda e shampoo antiparassitario. Le lenzuola, le federe, gli asciugamani, i vestiti, le sciarpe e gli altri indumenti, dovrebbero essere sempre lavati in lavatrice a 60 gradi. Tutto ciò che non è possibile lavare si può chiudere in sacchetti di plastica per 15-20 giorni, i pidocchi moriranno per mancanza di cibo.

Malattie Infettive

MORBILLO
Il morbillo è una malattia infettiva che si trasmette per via aerea (colpi di tosse, starnuti, o semplicemente parlando). Si manifesta con febbre alta, tosse insistente, secrezioni dal naso, congiuntivite e la tipica comparsa di macchioline sulla pelle (esantema). Le macchie compaiono prima sulla mucosa della bocca, e dopo 3-5 giorni iniziano a diffondersi un po’ ovunque.
Il periodo di incubazione è di circa 8-10 giorni.
La contagiosità inizia 1-2 giorni prima dei sintomi e si protrae fino a 5 giorni dopo l’eruzione cutanea, ed è massima tre giorni prima, quando si ha la febbre.
Le complicazioni più frequenti sono l’otite, la polmonite (nel 5-6% dei bambini ammalati di morbillo), la laringite e la diarrea.
Altra complicazione pericolosa è l’encefalite (un’infezione del cervello): si ha in 1 ogni 1000 casi di morbillo, può provocare la morte e nei bambini che sopravvivono spesso vi è un danno cerebrale permanente.

ROSOLIA
La rosolia è una malattia causata da un virus che si trasmette da persona a persona con le goccioline della tosse o degli starnuti. I sintomi comprendono febbre lieve, rigonfiamento doloroso delle linfoghiandole dietro il collo a cui segue eruzione cutanea (rossore) che si
manifesta prima sul volto e sul collo, per poi diffondersi rapidamente al tronco e agli arti, di brevissima durata (circa 3 giorni).
La contagiosità inizia da una settimana prima della comparsa dell’esantema fino a una settimana dopo la sua scomparsa.
L’incubazione dura dai 14-21 giorni.
Se contratta durante la gravidanza può essere trasmessa al feto, causando aborto o malformazioni (difetti cardiaci, cecità, sordità, ritardo mentale).

PAROTITE - Gli Orecchioni
La parotite, comunemente chiamata “orecchioni”, è una malattia infettiva e si trasmette per via aerea.
Dopo un periodo di incubazione di 14-24 giorni si manifesta inizialmente con dolore alla masticazione o alla deglutizione, segue il rigonfiamento doloroso di una ghiandola salivare posta davanti e sotto l’orecchio, la parotide. Possono ingrossarsi una o entrambe le parotidi
ed anche altre ghiandole salivari; spesso è accompagnata da altri sintomi come: brividi, mal di testa, mal di pancia e febbre. Il decorso completo si svolge in genere entro 9-10 giorni.

Non esiste una cura per queste patologie. Si possono curare i sintomi (p.es. con paracetamolo per febbre e dolore). È, invece, disponibile un vaccino combinato MRP (morbillo, parotite e rosolia), che è in grado di prevenire queste malattie. In Italia non è obbligatorio, ma viene raccomandato: viene somministrato tra il 12° e il 15° mese di
vita con un richiamo a 5-6 anni.
Il vaccino può dare degli effetti collaterali lievi e di breve durata, come dolore, rossore e gonfiore sul punto di iniezione, oppure febbre lieve o moderata, modesta comparsa di macchie o chiazze rossastre sulla cute, ingrossamento dei linfonodi e gonfiore delle articolazioni. Gli effetti collaterali si manifestano in genere dopo 7-10 giorni dalla vaccinazione.

PERTOSSE
La pertosse (o tosse canina) è una malattia causata da un batterio. E' una delle malattie infettive più contagiose, si trasmette per via aerea con la tosse o gli starnuti. La malattia dura circa da 6 a 10 settimane.
La malattia esordisce solitamente con starnuti, raucedine e una fastidiosa tosse notturna. Successivamente, dopo 10- 14 giorni, si manifesta una tosse convulsiva e ostinata che rende difficoltosa la respirazione e persino l'alimentazione.
Questa fase può durare fino a 2-3 settimane. Gli attacchi sono seguiti, a volte, dal vomito. La convalescenza inizia in genere dopo 4 settimane.
L’eritromicina o altri antibiotici appartenenti alla classe dei macrolidi possono essere utilizzati per curare la malattia e per ridurre la trasmissione ad altre persone.
Il vaccino antipertossico è combinato con il vaccino antitetanico e antidifterico (DTaP), e il ciclo di baseè costituito da tre dosi di vaccino, da praticare entro il primo anno di vita del bambino.

VARICELLA
Malattia virale, inizialmente i sintomi sono malessere generale, febbre e cefalea. Dopo qualche giorno compare la tipica eruzione cutanea che causa una forte sensazione di prurito, Inizialmente colpisce il viso e il tronco fino a estendersi all’addome, genitali, braccia e gambe.
Le macchie in 6-8 ore si trasformano in vescicole rosse contenenti un liquido chiaro che in alcuni giorni si seccano diventando croste e si staccano spontaneamente; in genere l’esantema ha una durata di 10-14 giorni.
L’incubazione dura dai 14-16 giorni e il contagio avviene attraverso contatto diretto con la saliva o con le goccioline emesse parlando, colpi di tosse o starnuti o ancora tramite il contatto con il liquido contenuto nelle vescicole. Nei bambini sani non è necessaria alcuna terapia, a parte gli antifebbrili. Nei soggetti a maggior rischio di complicanze (p.es. neonati, età >12 anni, malattie polmonari croniche, terapia con cortisonici…), può essere necessaria una terapia con aciclovir, da valutare con il pediatra.
È disponibile un vaccino contenente il virus in forma attenuata. Può essere somministrato a bambini di età > 12 mesi; nei bambini > 13 anni è necessaria una seconda dose a distanza di 4 settimane. Nei bambini può essere somministrato contemporaneamente al MPR o altrimenti a distanza di almeno 4 settimane da questa vaccinazione.
Il vaccino può dare una lieve forma di malattia. La vaccinazione è raccomandata solo per chi è a rischio di avere complicanze (p.es. ridotta capacità sistema immunitario; insufficienza renale cronica, donne in età fertile che non hanno avuto la varicella…) e chi vive a contatto con loro. La necessità della vaccinazione va valutata con il pediatra.

QUINTA MALATTIA
Malattia contagiosa virale, che colpisce i bambini prevalentemente in età scolare. Ha un periodo di incubazione di 5-15 giorni. Inizia con la comparsa di un esantema di colore rosso vivo, che si distribuisce in maniera caratteristica sul volto, ad "ali di farfalla", interessando il
naso e le guance che appaiono molto rosse e calde; inoltre tale esantema si riscontra sul torace e agli arti superiori, si possono verificare altri sintomi come lieve prurito, febbricola, dolori articolari, mal di gola e rinite.
Il rischio di trasmissione inizia dalla settimana prima dell’inizio dei sintomi fino alla comparsa delle manifestazioni cutanee.
Ha una durata media di 11 giorni, l’incubazione è di circa 4-14 giorni. Non esiste terapia specifica; solo antipiretici qualora la febbre dovesse elevarsi o comparisse dolore alle articolazioni.

SESTA MALATTIA
E' una malattia infettiva virale, poco contagiosa, tipica dei bambini tra 6 mesi e 2 anni; non si
ripete. Probabilmente il contagio avviene per via respiratoria, soprattutto nella fase febbrile della malattia.
Il periodo di incubazione è di circa 9-12 giorni. Il bambino presenta: febbre per 3-4 giorni, anche elevata (si possono verificare anche convulsioni), che scompare improvvisamente, successivamente compare un esantema: macchioline rosa diffuse soprattutto al tronco, senza prurito della durata di 1-2 giorni.
L’esantema spesso cambia improvvisamente posizione. Non vi è una cura specifica, solo paracetamolo per la febbre. Non sono necessarie particolari precauzioni di isolamento.

SCARLATTINA
Malattia contagiosa (soprattutto nei primi giorni), batterica, dovuta allo streptococco ß-emolitico di gruppo A.
Ha un periodo di incubazione di 2- 5 giorni. E’ caratterizzata da febbre elevata e improvvisa, brividi, cefalea, nausea e vomito, mal di gola e sono presenti linfonodi ingrossati.
L'esantema, piccoli punti rossastri, ravvicinati, che rendono la cute ruvida al tatto, compare dopo 12-48 ore dai primi sintomi, inizia alla radice degli arti (inguine e ascelle) e si diffonde poi rapidamente al tronco, arti e volto, lasciando libero il naso, la zona intorno alla bocca e il mento. Anche la lingua prima si ricopre di una patina biancastra, poi perde il suo rivestimento superficiale, mostrando le papille gustative che le danno l'aspetto "a fragola".
La terapia si avvale degli antibiotici e tra questi la penicillina è l'antibiotico di prima scelta (in caso di allergia alla penicillina macrolidi o cefalosporine). In alcuni casi (oggi poco frequenti) ci possono essere complicazioni (malattia reumatica, glomerulonefrite) che compaiono a distanza di 2-3 settimane.

Vitamine e Neonati

Il latte materno è sufficiente a garantire al lattante tutte le vitamine e le sostanze nutrienti di cui ha bisogno. Non è, perciò, necessario somministrare vitamine, con due eccezioni: la vitamina K e la vitamina D.

Vitamina K
La vitamina K è importante nella produzione di sostanze che servono per la coagulazione del sangue e la sua mancanza può favorire la comparsa di emorragie.
Il neonato è carente di questa vitamina ed è perciò importante fornire una supplementazione per ridurre il rischio di comparsa della cosiddetta “malattia emorragica del neonato”. Una dose di vitamina K viene somministrata dal punto nascita, per iniezione intramuscolare o per bocca. Questa dose serve per evitare le emorragie nella prima settimana di vita (forma classica di malattia emorragica del neonato).
C’è però un rischio, molto più basso di emorragia tra il 1 e il 3 mese (forma tardiva) nei neonati allattati al seno (il latte materno non contiene abbastanza vitamina K). L’iniezione di vitamina K alla nascita riduce anche il rischio di emorragia tardiva, anche se non lo elimina del tutto.
La supplementazione per bocca alla nascita, invece, è utile solo per prevenire la forma classica; nel caso di allattamento al seno è necessario proseguire la supplementazione per i primi tre mesi di vita del lattante.

Due schemi di supplementazione orale sono maggiormente utilizzati:

Attenzione: Konakion®, che necessita di ricetta per l’acquisto, contiene vitamina K in maggior concentrazione rispetto agli integratori usati giornalmente e deve essere somministrato una sola volta alla settimana. Prima di somministrare leggere la posologia riportata sul foglietto e in caso di dubbi chiedere al pediatra o al farmacista.
La vitamina K deve essere conservata in frigo e al riparo dalla luce.

Vitamina D
La vitamina D è importante nella formazione delle ossa e una sua carenza può causare il rachitismo. Il latte materno contiene basse quantità di vitamina D. Generalmente, comunque, il lattante produce una quantità sufficiente di questa vitamina nella pelle, dopo esposizione alla luce solare.
In alcuni casi, però, può essere utile una supplementazione, in particolare per i bambini poco esposti alla luce solare o di pelle scura. Questa deve essere valutata dal pediatra. È importante attenersi alle dosi consigliate dal pediatra.

Stipsi - Stitichezza

La stitichezza (stipsi) non è una malattia, ma un sintomo che solo raramente è associato a patologie. La definizione di stitichezza non si basa (solo) sulla frequenza delle evacuazioni, ma anche dalla presenza di feci dure con difficoltà e dolore all’evacuazione. Non è da considerare “stitico” un bambino che non evacua tutti i giorni.

Nel lattante allattato al seno il numero di evacuazioni può variare, da una evacuazione ogni poppata ad una ogni 5-6 giorni, pur rimanendo nell’ambito della normalità. La stitichezza nel primo anno di vita riguarda prevalentemente i bambini allattati artificialmente ed è quasi sempre di origine alimentare: ad esempio una somministrazione troppo precoce di cibi solidi o di latte artificiale non adeguatamente diluito.
E’ sconsigliato usare i lassativi che, oltre ad essere pericolosi per il lattante, possono provocare fastidiosi dolori di pancia nel piccolo. Se necessario, valutare con il pediatra eventuali terapie (p.es. microsupposte di glicerina).

Nel bambino più grandicello, alle cause di origine dietetica, si sommano fattori psicologici, stress o paura (precedenti episodi di evacuazione faticosa e dolorosa; ragadi anali). Quindi può risultare già terapeutico evitare un’attenzione troppo preoccupata e immotivata: l’eccesso di preoccupazione può peggiorare la stitichezza.
Se si rispettano le norme dietetiche valide per tutte le età (adeguata assunzione di liquidi, alimentazione varia e contenente fibre vegetali) il problema stitichezza risulta pressoché inesistente.
I genitori possono aiutare il bambino ad acquisire abitudini alimentari senza tuttavia creare situazioni conflittuali al momento del pasto, raccomandando al bambino il consumo di frutta e verdura cercando di identificare l’alimento preferito del bambino. È importante che tutta la famiglia adotti insieme al bambino una dieta equilibrata.
I genitori devono sapere che il trattamento della stipsiè prolungato e richiede molta pazienza. Importante nei bambini più grandicelli la cosiddetta “educazione al vasino”:

A volte può essere necessario l’uso di farmaci per rendere più morbide le feci e facilitare l’evacuazione. Questi devono essere valutati e prescritti dal pediatra.

Ossiuri

Nel bambino piccolo i vermi parassiti più frequenti sono gli ossiuri che hanno la forma di sottili filamenti bianchi di circa un centimetro di lunghezza, molto mobili.
Gli ossiuri crescono nell’intestino e sono facilmente visibili durante le ore notturne o al mattino presto, cioè quando escono dall’ano rilasciando tutte le uova, per poi morire.

Il sintomo principale di questa infezione è il prurito provocato dal movimento dei vermi; e si fa più intenso quando il bimbo si corica nel letto la sera; oltre al prurito sono possibili anche dolori addominali, insonnia, irritabilità e nelle femmine vaginiti.
L’infestazione colpisce prevalentemente i bambini in età prescolare e scolare.
L’infestazione da ossiuri avviene per via orale portando alla bocca le mani sporche dopo essere state a contatto con oggetti contaminati. Nei bambini è frequente la reinfestazione: grattandosi il bimbo entra in contatto con le uova e le può ingoiare mettendo le mani in bocca.

Di fondamentale importanza rivestono alcune norme igieniche come:

Se il bambino presenta l’infestazione è bene consultare il pediatra per la prescrizione della terapia (p.es. mebendazolo, pirantel). La terapia di scelta è rappresentata da una singola dose di mebendazolo, da ripetere a distanza di 14 giorni per eliminare i vermi che nel frattempo sono nati dalle uova ancora presenti nella zona anale. Questa terapia non è indicata per i bambini al di sotto dei 2 anni, per i quali si può valutare con il pediatra la possibilità di non effettuare alcun trattamento farmacologico. L’unico farmaco consigliato per questa fascia di età è la piperazina, che in Italia non ha però come indicazione il trattamento degli ossiuri (al contrario di altri Paesi).
E’ importante trattare oltre al bambino anche tutti i membri della famiglia per debellare definitivamente la presenza degli ossiuri.

Influenza

L’influenza è una malattia infettiva, provocata da virus che si trasmettono per via respiratoria; e tramite oggetti contaminati da starnuti o colpi di tosse. Si presenta ogni anno durante la stagione invernale, tra dicembre e febbraio. Il periodo di contagio va dalle 24 ore prima che inizino i sintomi, fino a circa 5 giorni dopo la loro comparsa.
L’influenza ha solitamente un brusco esordio con febbre, a cui si possono aggiungere brividi, mal di gola, tosse, naso chiuso o che cola, male alla testa, dolori muscolari. Nella maggioranza dei casi la malattia si risolve in pochi giorni, al massimo in una settimana.
È importante dare da bere spesso al bambino (acqua, spremute di frutta fresca); brodo o latte tiepidi sono utili per fluidificare il catarro. Se il bambino è allattato al seno e la mamma ha l’influenza, l’allattamento non deve essere sospeso e non occorre somministrare altri liquidi al lattante.
Per la febbre alta e i dolori si può utilizzare il paracetamolo (10-15 mg/kg ogni 6 ore). Il bambino ha bisogno di riposo, è bene osservare un periodo di convalescenza (almeno 2 giorni dopo la scomparsa dei sintomi) per evitare che si ammali nuovamente.
E’ bene consultare il medico se la febbre dura più di 3 giorni oppure il bambino presenta altri sintomi (p.es. chiazze sulla pelle, tosse con catarro “verde o giallo”, difficoltà a respirare o rigidità nei movimenti, convulsioni…).
L’influenza può essere pericolosa quando colpisce bambini che per le loro condizioni di salute sono più vulnerabili (p.es. malattie respiratorie croniche, disturbi cardiaci e renali, diabete, deficit del sistema immunitario): la loro malattia può peggiorare oppure possono comparire complicanze respiratorie. In questi casi è raccomandata la vaccinazione antinfluenzale.
Il vaccino viene somministrato attraverso un’iniezione intramuscolare e la protezione inizia dopo circa 15 giorni. Il periodo più indicato è il mese di novembre e il numero di dosi è variabile:

Per effettuare la vaccinazione non è necessario tenere il bambino a digiuno.
Il vaccino è generalmente ben tollerato e non causa disturbi, può verificarsi la comparsa di rossore, gonfiore e dolore nella sede d’iniezione, nelle 48 ore successive, raramente possono verificarsi effetti collaterali di lieve entità, come febbre e malessere. Se il bambino non ha malattie croniche la vaccinazione non è raccomandata; la scelta può essere valutata dai genitori con il pediatra, considerando che l’efficacia del vaccino nei bambini sani non è ancora documentata in modo adeguato.
Semplici misure igieniche, p.es. lavare le mani, possono essere utili per ridurre il rischio di contagio.

Celiachia

La celiachia è una malattia genetica caratterizzata da un’intolleranza permanente al glutine, proteina presente in alcuni cereali (p.es. frumento, farro, orzo, segale…). I soggetti celiaci hanno una predisposizione genetica a produrre anticorpi contro il glutine. Questi anticorpi provocano, però, danni ad alcuni organi tra cui l’intestino, con conseguente cattivo assorbimento dei cibi, perdita di peso e ritardo nella crescita.
I sintomi della celiachia possono essere molti, e si sviluppano in fasi diverse della vita. Nel bambino, l’intolleranza si evidenzia a distanza di circa uno-tre mesi dallo svezzamento (introduzione del glutine nella dieta), con diarrea, vomito, anoressia, irritabilità, arresto della crescita o calo del peso. Nelle forme che si sviluppano tardivamente, dopo il 2°-3° anno di vita, prevalgono altri sintomi, quali deficit dell’accrescimento della statura e/o del peso, ritardo dello sviluppo, dolori addominali ricorrenti e carenza di ferro (anche se somministrato per via orale).
La diagnosi viene fatta attraverso un esame del sangue in cui vengono dosati alcuni anticorpi e in caso di positività con una biopsia dell’intestino per valutare se la mucosa è danneggiata. L’esame del sangue viene anche consigliato ai parenti di I grado (p.es. fratelli, figli…) di soggetti con celiachia.
È in commercio un test rapido che può essere eseguito a casa con alcune gocce di sangue prese con la puntura del polpastrello; questo test, però, va eseguito solo se il pediatra lo ritiene necessario.
La dieta senza glutine, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Seguendo scrupolosamente la dieta si ha una scomparsa/miglioramento della sintomatologia e uno stato di salute che è paragonabile a quello delle persone senza celiachia.
Occorre escludere dalla dieta alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina. Non tutti i cereali sono vietati; tra i cereali consentiti vi sono riso, mais, grano saraceno, quinoa, amaranto. Sono in commercio prodotti dietetici privi di glutine.
È possibile consultare l’elenco sul sito del Ministero della Salute o sul sito dell’Associazione Italiana Celiachia.
Occorre tenere presente che anche piccole quantità di glutine possono causare problemi. Nel preparare i cibi destinati a persone celiache occorre evitare qualsiasi contaminazione con alimenti contenenti glutine: p.es. bisogna cuocere in acqua, olio differenti; non mettere in forno contemporaneamente cibi con/senza glutine; utilizzare posate differenti; lavare le mani; lavare il piano di lavoro…
Per quanto riguarda i farmaci: sulla confezione e nel foglietto illustrativo deve essere indicato se tra gli eccipienti c’è l’amido di frumento. Per legge, comunque, la quantità che può essere utilizzata è molto bassa e inferiore alla dose ritenuta dannosa per i celiaci, per cui il celiaco può fare qualsiasi terapia.

Impetigine

L’impetigine è un’infezione superficiale della pelle causata da batteri (streptococco e stafilococco). Questi batteri sono presenti normalmente sulla nostra pelle, pronti ad approfittare di un indebolimento delle barriere protettive (per esempio: una zona intaccata da punture di insetti, da tagli, graffi, o altre infezioni cutanee) per moltiplicarsi velocemente.
L’impetigine è un’infezione altamente contagiosa (si può trasmettere toccando le lesioni), che interessa più frequentemente bambini di età compresa tra 2 e 5 anni. Si manifesta con la comparsa di piccole zone rosse della pelle in rilievo che si trasformano prima in vescicole contenente un liquido torbido e poi in croste marroncino-giallastre. Le zone più colpite sono il viso (prevalentemente intorno a bocca e naso), le gambe e le braccia. Nelle zone interessate il bambino può avvertire prurito. Se non trattata adeguatamente l’impetigine può espandersi rapidamente occupando una vasta superficie del corpo, o in alcuni casi peggiorare con infezioni più gravi che possono provocare la formazione di ascessi o colpire organi interni (come il rene).
Le parti di pelle in cui si sviluppa l'infezione possono restare più chiare per alcuni mesi, anche dopo la guarigione. E’ il pediatra a diagnosticare un’impetigine e a prescrivere i farmaci più efficaci che andranno assunti seguendo scrupolosamente le indicazioni.
Il trattamento prevede una terapia locale con pomate antibiotiche; nelle forme estese o resistenti, gli antibiotici vanno invece somministrati per via orale. Anche i soggetti che vivono a contatto con il bambino ammalato devono essere controllati, data la contagiosità dell’infezione.
Il bambino che frequenta l’asilo nido o la scuola materna dovrà stare a casa per 24 ore dall’inizio della somministrazione orale dell’antibiotico o 48 nel caso si usino pomate.
Al trattamento farmacologico bisogna comunque associare una serie di norme igieniche e di comportamento:

Se l’infezione non migliora dopo tre giorni dall’inizio del trattamento o la temperatura sale oltre i 38 °C, consultare nuovamente il pediatra.

Acari

L’allergia agli acari della polvere è una forma di sensibilizzazione molto comune in età pediatrica e rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio nello sviluppo di rinite e asma.
Tra i fattori che la favoriscono ci sono le condizioni di vita domestiche, dove ambienti sempre più riscaldati, elevata umidità e ridotta ventilazione delle stanze che uniti all’utilizzo di moquette e tappeti, facilitano la crescita e lo sviluppo degli acari.
Gli acari sono piccoli parassiti, invisibili a occhio nudo, che si nutrono delle cellule che desquamano dalla cute. Sono innocui, salvo che nei soggetti allergici, in cui possono indurre difficoltà respiratorie (soprattutto la mattina quando ci si alza), rinite, tosse, congiuntivite, asma ed eczema.
E’ possibile che l’allergia all’acaro si accompagni ad altri tipi di allergia.
La diagnosi si basa essenzialmente sui test cutanei (Prick test) e in alcuni casi sul dosaggio di alcuni anticorpi nel sangue (Rast test).

Sebbene non esista un rimedio efficace per eliminare gli acari, potrebbe essere utile per i bambini allergici adottare alcuni accorgimenti volti a ridurne la presenza nell’ambiente in cui vivono:

Sebbene ci siano opinioni discordanti sull’efficacia, in alcuni casi può essere utile:

Alcuni farmaci sono utili nel controllare i sintomi dell’allergia nel bambino (ad esempio gli antistaminici nella rinite). In alcuni casi il medico specialista può prescrivere una terapia desensibilizzante che prevede l’utilizzo di un vaccino antiallergico.

Vaccino HPV - Vaccinazione contro il Papillomavirus nelle adolescenti

L’infezione da Papillomavirus (HPV) è ampiamente diffusa. Nella maggior parte dei casi guarisce spontaneamente senza dare nessun disturbo. Tuttavia l’HPV può causare la comparsa di condilomi, che colpiscono anche i maschi, o l’insorgenza del tumore del collo dell’utero. Si conoscono oltre 150 tipi di HPV, ma solo 15 sono associati al tumore del collo dell’utero e perciò sono chiamati oncogeni o ad alto rischio.
Il tumore del collo dell’utero in Italia non è molto frequente, anche grazie all’esecuzione ogni 3 anni del Pap-test che serve a prevenire lo sviluppo del tumore. In Italia ogni anno sono segnalati 3.500 nuovi casi di tumore del collo dell’utero e le morti circa 1.000. Le donne italiane si ammalano e muoiono più spesso per altri tumori come quello al seno, del polmone, del colon o dello stomaco. E’ invece al primo posto tra i tumori femminili nei Paesi poveri, specialmente in Africa dove la grande diffusione dell’HIV/AIDS che abbassa fortemente le difese immunitarie anche contro il Papillomavirus.

Il vaccino contro il Papillomavirus

I vaccini attualmente disponibili sono due: il Gardasil® e il Cervarix®. Tutti e due agiscono contro i ceppi 16 e 18 che sono associati a circa il 70% dei tumori del collo dell’utero. Gardasil® agisce anche contro i ceppi 6 e 11, associati al 90% dei condilomi.
Dagli studi eseguiti finora risulta che le donne tra i 16 e i 26 anni, che al momento della vaccinazione non avevano ancora iniziato l’attività sessuale, sono protette dalle lesioni pre-cancerose causate dagli HPV 16 e 18 per almeno 6 anni. Non sappiamo, per il momento, se la protezione dura più a lungo, se saranno necessarie dosi di richiamo successive e se il vaccino difenderà anche dal tumore che può comparire decine di anni dopo le lesioni.
Se è già iniziata la vita sessuale, è molto probabile che la donna sia entrata in contatto con il Papillomavirus: in questo caso la vaccinazione non è raccomandata.
Gli effetti della vaccinazione sul feto non si conoscono, perciò la vaccinazioneè sconsigliata durante la gravidanza.
Il Servizio Sanitario Nazionale offre gratuitamente la vaccinazione contro il Papillomavirus alle ragazze nate nel 1997, cioè nei 12 mesi da quando compiono gli 11 anni a quando ne compiono 12. Comunque il vaccino è acquistabile in farmacia (ad un prezzo elevato) dietro presentazione di ricetta medica.
Per vaccinarsi si devono eseguire tre dosi, in un periodo di sei mesi, mediante un’iniezione nella parte alta del braccio.

Le reazioni indesiderate più comuni per entrambi i vaccini sono: rossore, gonfiore e dolore nel punto dell’iniezione e la febbre. Inoltre:

Trattandosi di vaccini nuovi, come per qualsiasi farmaco, vanno segnalati al proprio medico di fiducia, tutti i disturbi che dovessero comparire dopo la vaccinazione.

La vaccinazione non sostituisce il Pap-test che previene lo sviluppo di tutti i tumori del collo dell'utero e non solo quelli associati ai tipi di Papillomavirus contenuti nel vaccino.

Il Pap-test va eseguito ogni 3 anni, dall'età di 25 anni fino ai 64 anni, ma sarebbe meglio incominciare dopo 3 dall'inizio dell'attività sessuale, anche da chi è stata vaccinata.

Scabbia

C’è un ritorno di questa malattia infettiva soprattutto nelle grandi città, che si manifesta negli individui di qualsiasi livello sociale (non solo nelle famiglie povere con carenti condizioni igieniche) e a qualsiasi età.
E' una infestazione contagiosa della pelle da parte di un parassita, chiamato ''acaro della scabbia''. La femmina scava delle piccole gallerie appena al di sotto della superficie esterna della pelle per deporvi le uova. Queste si dischiudono dopo pochi giorni per liberare le larve.
Il contagio è dovuto a stretto contatto con persone affette da scabbia e non è difficile che un intero nucleo familiare sia contagiato.
Gli acari non vivono più di 2-3 giorni al di fuori del corpo umano, così che il contagio attraverso oggetti è più improbabile.
Il sintomo principale è un intenso prurito che si accentua durante la notte. Le gallerie scavate sotto la pelle appaiono come piccoli rilievi di colore grigiastro lunghi da 3 a 15 millimetri, localizzate prevalentemente tra le dita della mano, nei polsi, intorno ai gomiti, nelle pieghe ascellari.
Può essere difficile vedere le gallerie dal momento che la pelle è spesso irritata o infetta in seguito all'intenso grattamento provocato dal prurito.
Il pericolo maggiore è quello della diffusione della infestazione. Un altro rischio è rappresentato dall'infezione delle aree lesionate in seguito al grattamento.

Dermatiti del Bambino

La dermatite atopica
La dermatite o eczema è una malattia infiammatoria cronica della pelle, molto comune e non se ne conosce la causa precisa, ma è probabilmente il risultato di una combinazione di fattori ereditari familiari, di stimoli irritanti che possono favorire la secchezza, l’arrossamento e il prurito della pelle. Compare spesso nel 2°-3° mese per guarire spontaneamente durante l’adolescenza o l’età adulta.
All’inizio interessa il volto, collo, torace, poi si concentra maggiormente in corrispondenza di gomiti, delle ginocchia e dei polsi. Il decorso della malattia è vario con periodi di completa scomparsa (soprattutto d’estate) e periodi di peggioramento (in inverno, o in seguito a infezioni).
La dermatite è caratterizzata da chiazze rosse, che possono formare anche vescicole umide e croste, soprattutto nel bambino più piccolo, da prurito, talvolta intenso, che può provocare anche infezioni della pelle. Per prevenirla e migliorarla è utile evitare alcuni fattori ambientali che possano accentuare la secchezza della pelle e il prurito (caldo, freddo, vento, sudore). In alcuni casi il sapone irrita la pelle, perciò è preferibile usare detergenti delicati; dopo il bagno, meglio tamponare la pelle delicatamente con un asciugamano di cotone senza sfregarla e spalmarla poi con creme idratanti ed emollienti, prive di profumi e conservanti; coprire il bambino lo stretto necessario (il calore aumenta il prurito).
Evitare indumenti di lana e fibre sintetiche direttamente a contatto con la pelle. Tenere sempre pulite le unghie del bambino per evitare che, grattandosi, si infetti la pelle. Non esiste una terapia capace di guarire la malattia; solo nelle forme più gravi sarà il pediatra a prescrivere i farmaci più indicati (per esempio le creme a base di cortisonici). Eventuali provvedimenti dietetici vanno concordati con il pediatra così da evitare che, senza motivo, si privi il bimbo di nutrienti essenziali alla crescita.

La dermatite da pannolino
Il pannolino trattenendo le feci e l’urina, crea un ambiente umido e caldo che favorisce la proliferazione di germi e batteri, con conseguente irritazione della pelle (comparsa di puntini rossi).
E’ necessario sostituire spesso il pannolino ed eseguire un’accurata pulizia della pelle con acqua tiepida; evitare saponi e detergenti, che possono irritare ulteriormente la pelle; se non sono presenti ulcere si può usare una pasta a base di ossido di zinco in strato sottile, evitare pomate grasse o assorbenti perché impediscono la traspirazione; lasciare la zona irritata il più possibile scoperta. Le creme che contengono farmaci vanno utilizzate solo se prescritte dal pediatra.
Solitamente in 3-4 giorni il problema si risolve.

La crosta lattea
La crosta lattea è uno dei disturbi più comuni nei neonati, compare sul cuoio capelluto come una desquamazione della pelle, forma una patina biancastra e uno strato più o meno evidente di crosticine. Il disturbo sparisce da solo, ma si può facilitare la guarigione lavando la testa del bambino con shampoo delicato cercando di ammorbidire le crosticine e rimuovendole delicatamente con spazzola e pettine.

Acne

L’acne è una malattia che affligge l’80% dei ragazzi e ragazze fra i 13 e i 18 anni ed è caratterizzata dalla comparsa sul volto, dorso e torace di lesioni della pelle di diversa forma e dimensione: i punti neri (comedoni), i brufoli (pustole), i noduli e le cisti. La causa del suo sviluppo durante la pubertàè l’aumento degli ormoni androgeni che provoca, a sua volta, un aumento della produzione di sebo. Il sebo, accumulandosi, causa il cosiddetto punto nero. A livello del punto nero ci può essere un’infezione batterica, che può dar luogo ai “brufoli”.
Alcuni fattori possono influire sull’andamento e gravità dell’acne, p.es. lo stress, il tipo di alimentazione, la pelle "grassa", ma non ne sono la causa.
Nella maggioranza dei casi l’acne scompare entro i 25 anni di età.

Per non peggiorare le lesioni occorre evitare di schiacciare i punti neri o le cisti superficiali in quanto si possono causare cicatrici.
Cambiamenti nella dieta possono migliorare l’acne in alcune persone, ma mancano studi che provino l’efficacia delle restrizioni dietetiche.
Sulla base degli studi condotti, non ci sono invece prove circa l’efficacia dell’uso di saponi antibatterici o abrasivi. Un eccessiva igiene del viso potrebbe, in alcuni casi, peggiorare la situazione, in quanto espone le lesioni a possibili traumi. È sufficiente lavare delicatamente il viso due volte al giorno con un sapone neutro.
Generalmente l’acne migliora d’estate, ma non ci sono prove che l’esposizione ai raggi ultravioletti sia efficace nel trattamento della malattia.

In alcuni casi il medico e/o il dermatologo possono prescrivere una terapia farmacologica, che può proseguire per alcuni mesi, talvolta anche per 1-2 anni affinché si osservi un miglioramento.

Nei casi lievi è sufficiente una terapia locale, con gel o pomate da applicare sulla pelle (p.es. benzoilperossido, acido azelaico, creme contenenti antibiotici).
La terapia per bocca va riservata ai casi più gravi.
I farmaci più comunemente impiegati sono gli antibiotici (p.es. eritromicina, tetracicline) e la pillola anticoncezionale. Nei casi in cui sono presenti cisti si può prendere in considerazione l’uso di farmaci derivati della vitamina A (retinoidi), che devono essere prescritti dal dermatologo.

Nel caso di assunzione di farmaci, soprattutto se si tratta di retinoidi, bisogna seguire attentamente le indicazioni del medico e rivolgersi a lui per qualsiasi dubbio o problema che dovesse presentarsi durante la terapia.
Occorre tenere presente che durante l’inizio della gravidanza i retinoidi, se assunti per bocca, possono causare gravi malformazioni del feto. Le ragazze che assumono il farmaco devono eseguire il test di gravidanza prima di iniziare la terapia e usare due metodi contraccettivi (p.es. pillola e profilattico), non solo durante tutto il corso della terapia, ma anche nel mese precedente il suo inizio e per un mese dopo la sua interruzione.

Verruche

Le verruche sono piccole escrescenze della pelle, altamente contagiose provocate da un'infezione virale (papilloma virus).
Ci si infetta venendo a contatto con altre verruche, o toccando luoghi “contaminati” (p.es. bordi delle piscine o pavimento degli spogliatoi). Il periodo di incubazione è di 1-8 mesi.
Le verruche sono più frequenti nei bambini e negli adolescenti, rare nei neonati e negli anziani. Si manifestano in forme diverse e il loro aspetto cambia a seconda della loro collocazione.
Le verruche volgari o comuni sono spesso localizzate alle dita o al dorso delle mani, meno ai gomiti, alle ginocchia e possono essere di diametro variabile, a superficie rugosa arrotondata di colore grigiastro, giallo fino a bruno-nerastro.
Le verruche plantari si formano, invece, sulla pianta dei piedi e si presentano come un'area callosa giallastra, rotondeggiante appena rilevata (tendono infatti ad accrescersi in profondità, per la pressione cui sono sottoposte), con dolore variabile alla pressione.
Possono presentarsi come lesione singola o a gruppo di 2-3 ravvicinate a formare una specie di mosaico.
Nella quasi totalità dei bambini sani le verruche guariscono spontaneamente nell’arco di alcuni anni. A volte, il trattamento delle verruche può essere necessario, p.es. perché troppo dolorose, per evitare la diffusione dell'infezione ad altre persone o per ragioni estetiche.
Il trattamento deve essere deciso dal medico o dal dermatologo e dipende dal tipo di verruca, dalla sua posizione, dalla profondità, dal numero e dall'estensione cutanea colpita. La terapia di cui è maggiormente documentata l’efficacia consiste nell’applicazione locale, sulle verruche, di acido salicilico in soluzione o su piccoli dischetti adesivi a rilascio controllato. L’applicazione è quotidiana, dopo aver tenuto a bagno in acqua calda la parte interessata per c.10 minuti, ed avere rimosso la pelle morta con pietra pomice, fino a risoluzione (circa 15 gg.).
Le reinfezioni sono tuttavia molto frequenti anche dopo un trattamento efficace.

Alcune avvertenze utili per ridurre il rischio di contagio:

Congiuntivite

La congiuntivite è una infiammazione della congiuntiva, la membrana che riveste l’interno della palpebra e la parte bianca dell’occhio (la sclera). La malattia è molto comune, assai fastidiosa ma raramente pericolosa.
Generalmente si manifesta con arrossamento della congiuntiva, gonfiore delle palpebre, sensazione di sabbia nell’occhio, prurito, lacrimazione intensa e intolleranza alla luce.
Può essere causata da un’infezione da batteri o virus, da un’allergia o può anche derivare da irritazione da fumo, vento, polvere o agenti inquinanti.

La congiuntivite batterica si presenta, generalmente, con secrezioni dense di colore giallo o verdognolo, che possono “incollare” le ciglia rendendo difficile l’apertura degli occhi al risveglio.

La congiuntivite virale si manifesta soprattutto con lacrimazione e intolleranza alla luce, mentre le secrezioni sono scarse. In molti casi i sintomi interessano inizialmente un solo occhio ma spesso colpiscono anche l’altro per la facilità con cui si trasmette l’infezione.
La congiuntivite deve essere diagnosticata e trattata tempestivamente, soprattutto nei bambini più piccoli che vengono facilmente colpiti da congiuntiviti infettive. La terapia deve essere consigliata dal medico.
La congiuntivite, è estremamente contagiosa, si trasmette attraverso goccioline o il contatto occhio-mano, specialmente per contatto diretto tra i familiari o in una comunità (scuola materna, nido), ma anche attraverso il contatto con biancheria infetta o con acqua contaminata (per esempio, in piscina).
Alcune norme igieniche e di comportamento sono fondamentali per ridurre il contagio:

La congiuntivite allergica invece si manifesta prevalentemente con prurito intenso e gonfiore ed è dovuta ad una reazione allergica a sostanze dette allergeni. L’esposizione a queste sostanze è da evitare o ridurre al minimo, laddove possibile.

Per tutti i tipi di congiuntivite:

E’ necessario consultare il medico se: la situazione non migliora; il dolore aumenta e l'occhio diventa sempre più rosso; compare febbre.

Micosi

Le micosi sono infezioni dovute a funghi microscopici. Esistono diversi tipi di micosi, ma le forme più comuni interessano la pelle, i peli, le unghie o le mucose, come la superficie interna della bocca o della vagina.
La maggior parte delle micosi vengono trasmesse all'uomo dall'ambiente, da animali, dal contatto con indumenti o biancheria contaminata o da una igiene poco accurata. L'infezione è favorita da condizioni di elevata umidità sulla pelle e per tale ragione è frequente sotto le ascelle, vicino all'inguine e negli spazi tra le dita. Altri fattori che favoriscono l'infezione sono l'obesità, il diabete, l'uso eccessivo di detergenti, terapie prolungate con antibiotici o cortisonici.
In molti casi le micosi si manifestano con macchie rossastre o brune, con piccole croste o bolle, che provocano prurito e una sensazione di bruciore. Se non adeguatamente curata una micosi può persistere a lungo, estendersi ad altre parti del corpo o diffondersi ad altri membri della famiglia.

Nel bambino le micosi più frequenti sono:

La diagnosi di infezione da funghi viene eseguita dal medico, spesso con l'aiuto di esami di laboratorio, perché è abbastanza facile confonderla con altre malattie della pelle. La terapia consiste principalmente nell’uso di antimicotici prescritti dal medico e nell'eliminazione della causa.
Importante è utilizzare i farmaci prescritti seguendo attentamente le istruzioni del medico, e del farmacista ricordando che la cura di molte micosi può richiedere parecchie settimane o mesi. Le creme o le tinture vanno applicati non solo sulla zona ammalata, ma anche in quella vicina per evitare la diffusione dell'infezione.

Alcuni suggerimenti igienici:

Le influenze

Che cos’è l’influenza?
L’influenza è una malattia infettiva, provocata da virus che si trasmettono per via respiratoria. Il virus influenzale, generalmente acquisito attraverso il contatto con altre persone infette, si trova sia nella saliva, sia nel muco e può penetrare nell'organismo attraverso le mucose (bocca, occhi e naso).
Il periodo di contagio va dalle 24 ore prima che inizino i sintomi, fino a circa 5 giorni dopo la loro comparsa.
Ci sono diversi ceppi di virus influenzali. Nell’autunno 2009 - inverno 2010è probabile che dovremo affrontare due tipi di epidemie: una dovuta a virus simili a quelli circolati negli scorsi anni (“influenza stagionale”) e una dovuta a un nuovo virus di tipo A/H1N1 (“nuova influenza”)
Non ci sono differenze tra le due “influenze” per quanto riguarda i sintomi e la pericolosità. Entrambe hanno un brusco esordio con febbre, a cui si possono aggiungere brividi, mal di gola, tosse, naso chiuso o che cola, male alla testa, dolori muscolari. Nella maggioranza dei casi la malattia si risolve in pochi giorni, al massimo in una settimana.

Come si cura?
Anche la cura non è diversa tra influenza stagionale e nuova influenza.
È importante dare da bere spesso al bambino (acqua, spremute di frutta fresca); brodo o latte tiepidi sono utili per fluidificare il catarro. Per la febbre alta e i dolori si può utilizzare il paracetamolo (10-15 mg/kg ogni 6 ore). Il bambino ha bisogno di riposo, è bene osservare un periodo di convalescenza (almeno 2 giorni dopo la scomparsa dei sintomi) per evitare che si ammali nuovamente.
E’ bene consultare il medico se la febbre dura da più di 3 giorni oppure il bambino presenta altri sintomi (p.es. chiazze sulla pelle, tosse con catarro “verde o giallo”, difficoltà a respirare o rigidità nei movimenti, convulsioni…).
I farmaci antivirali devono essere prescritti dal medico e somministrati solo in casi gravi. Questi farmaci possono dare effetti collaterali quali: vomito, diarrea, insonnia, allucinazioni.

Come si previene?
Ci sono alcune semplici misure che si sono dimostrate efficaci nell’impedire la diffusione di tutti i virus respiratori e in particolare i virus delle influenze.

Esiste un vaccino per l’influenza “stagionale”, raccomandato per i bambini che per le loro condizioni di salute sono più vulnerabili (p.es. malattie respiratorie croniche, disturbi cardiaci e renali, diabete, deficit del sistema immunitario) affinchè la malattia non peggiori o compaiano complicanze respiratorie.
Per quanto concerne la “nuova influenza” le informazioni sul vaccino sono ancora limitate. Tuttavia come per l’influenza “stagionale” le raccomandazioni sono per le popolazioni a rischio che in questo caso sono: i malati cronici, le persone che vivono e lavorano in comunità e le donne in gravidanza.

Allattamento e farmaci

Quasi tutti i farmaci passano nel latte materno, ma nella maggior parte dei casi, il neonato ne assume attraverso il latte una quantità molto bassa, che non comporta rischi di effetti indesiderati. Quindi, raramente l’assunzione di farmaci richiede la sospensione (temporanea o definitiva) dell’allattamento. Il latte materno è l’alimento ideale per una buona crescita e una buona salute del bambino.
La quantità di farmaco che passa nel latte dipende dal tipo di farmaco, dalla dose assunta e dalla durata della terapia. È perciò consigliabile assumere i farmaci, solo se prescritti dal medico, alla dose indicata e per il minor tempo possibile. Per ridurre la quantità di farmaco presente nel latte può essere utile assumere il farmaco subito dopo una poppata e, se possibile, lasciar trascorrere un intervallo di 3-4 ore tra l’assunzione del medicinale e la poppata successiva.
Di seguito sono riportati alcuni consigli sul trattamento di alcune patologie comuni durante l’allattamento. Comunque, questi consigli non sostituiscono il giudizio clinico del medico.

Febbre, dolore
Il paracetamolo e l’ibuprofene sono i farmaci da utilizzare, mentre l’aspirina (acido acetilsalicilico) è sconsigliata perché, anche se raramente, può causare effetti indesiderati gravi nel lattante.

Tosse e raffreddore
Bere molto (meglio liquidi caldi, p.es latte, tisane), umidificare l’ambiente, fare lavaggi nasali o aerosol con soluzione fisiologica sono utili per rendere più fluido il muco. Gli spray per decongestionare la mucosa nasale possono essere utilizzati, ma solo per 2-3 giorni.

Stipsi
Bere molti liquidi, assumere alimenti ricchi di fibre (frutta, verdura), e svolgere attività fisica sono rimedi che in molti casi aiutano a ripristinare la regolarità dell’intestino.
In caso di stipsi molto fastidiosa, si possono utilizzare occasionalmente farmaci che non vengono assorbiti dall’intestino, come i lassativi osmotici (ad esempio lattulosio) o per pochi giorni quelli a base di alghe o di gomma di Guar che creano massa.

Emorroidi
Frequenti dopo il parto, per ridurre il dolore e l’irritazione è utile cercare di rendere più soffici le feci bevendo molti liquidi, assumendo alimenti ricchi di fibre e facendo bagni tiepidi per dieci minuti. Se il dolore è intenso, si può assumere il paracetamolo o applicare localmente pomate contenenti anestetici locali. Non ci sono dati sulla sicurezza d’uso dei farmaci a base di flavonoidi in allattamento quindi è preferibile non utilizzarli.

Infezioni
Gli antibiotici più comunemente utilizzati possono essere impiegati in allattamento, ma solo se prescritti dal medico.

Dentista
Anestesie locali e panoramica ai denti non sono da ritenersi pericolose.

Anche per molte malattie croniche (es. ipertensione, epilessia, diabete…) ci sono farmaci che possono essere assunti in allattamento. Il medico o lo specialista sapranno indicare la cura più adatta.

Chiama il pediatra se mentre allatti e stai assumendo un farmaco il bambino dovesse avere vomito, diarrea, difficoltà ad attaccarsi al seno, eccessiva sonnolenza o eccessiva agitazione. Questi effetti potrebbero essere dovuti ai farmaci. Il pediatra saprà valutare quale è la causa di questi sintomi.

Nati per leggere

Cari genitori
Quando leggete al vostro bambino avete mai pensato che state creando un clima che, da un lato, può migliorare i vostri rapporti e la comprensione reciproca, dall’altro può svolgere un’azione positiva sullo sviluppo mentale del bambino e indurlo a continuare a leggere, valorizzando così la sua intelligenza?Per aiutarvi a comprendere il perché e il come di questa situazione, e mettervi nelle migliori condizioni per realizzarla, è stato elaborato, da parte di pediatri e bibliotecari, in occasione di un convegno tenuto a Busto Arsizio il 24 ottobre 2009, un “Decalogo” che viene messo a vostra disposizione.
Il “Decalogo” fornisce indicazioni pratiche di carattere generale, che dovranno essere adattate alle caratteristiche e alle possibilità di ogni famiglia e di ogni bambino. Per non compromettere la sua efficacia, è necessario che l’adattamento del “Decalogo” rispetti per
quanto possibile le indicazioni, non le contraddica e non le ignori. Nello svolgimento di quanto suggerito, è importante considerare la disponibilità di tutti i membri adulti della famiglia, genitori e nonni se sono presenti in casa o se possono raggiungere il bambino.
Ogni problema che dovesse sorgere nell’applicazione del “Decalogo” potrà essere discusso con il vostro pediatra di fiducia.

  1. Fin dalla gravidanza parla, canta per il tuo bambino. Prosegui anche dopo: commenta sempre, con frasi semplici e brevi, quello che stai facendo. La tua voce è un abbraccio che lo fa crescere.
  2. Da quando il bimbo entra in casa fatti vedere leggere di tutto: giornali, libri, riviste. Tieni molti libri in casa; trattali con cura, mettili a posto,”accarezzali”. Lui è attratto da quello che fai: amerà i libri perché ama te e questo renderà più stretti e solidi i vostri legami.
  3. Il sesto mese è un’epoca storica: sta seduto; mangia con voi. Tienilo sulle ginocchia, apri un libro con figure di volti che spicchino bene sul fondo. Lui le vede bene e ama le facce a cominciare dalla tua. Puoi fabbricargli un libro con le foto dei vostri volti e del suo.
  4. Racconta ciò che vedi con parole semplici e indicaglielo col dito. Guardalo negli occhi. Lui ti seguirà e vedrete le stesse cose: un modo per essere e crescere insieme. Non preoccuparti del tempo: basta un minuto, ma ricorda che, quando leggi, puoi fare solo quello.
  5. Prosegui così, lentamente. A un anno terrà il libro in mano per qualche momento. Sarà una conquista per voi. Non preoccuparti del tempo: bastano pochi minuti. Non avere fretta. Introduci, ogni giorno, una, due parole nuove. Le parole lo aiuteranno dopo, nella scuola.
  6. Quando capirai che è maturo per ascoltare una storia con il libro aperto, raccontagli le figure e le azioni, segna con il dito le illustrazioni e anche i caratteri sempre guardandolo. Fai le voci dei personaggi e chiedi “e ora che succederà”? Ti interrogherà; se non capisci una sua parola fatti indicare la figura. Ripetete la parola. La curiosità lo fa crescere.
  7. Dedica alla lettura un momento della giornata, quando ha voglia di stare con te. Una attesa, un viaggio, una panchina al giardino, perfino una piccola malattia, sono straordinari momenti. Ma se sei troppo stanco faglielo capire; non gli piaceresti come lettore.
  8. Non deluderlo. Ti chiederà di leggere o di rileggere molte volte una frase, o una intera storia. E’ segno che vuole ripetere una emozione e vuole entrare di più nella storia e fare suo il libro.
  9. Frequenta con lui la biblioteca o una libreria con uno spazio adatto ai bambini. Vedrà la grande varietà di libri di colori e forme diverse. Iscrivilo alla biblioteca. Da lui la tessera. Un libro è un bel regalo; ma i libri non sono tutti uguali. Fai scegliere a lui. Tieni i suoi libri sempre nello stesso posto. Imparerà l’ordine e gli servirà nella scuola e nella vita.
  10. Evita, quando gli proponi il libro, le fonti di distrazione: specialmente la Tv. Un leggero sottofondo musicale senza parole: può essere di aiuto. Assocerà il piacere della musica a quello della lettura.

Bambini e TV

Il rapporto tra il bambino e i mezzi di comunicazione (la televisione, il telefono cellulare, il computer) è diventato sempre più complesso.
Oggi la TV è vissuta o come una compagna o uno strumento di intrattenimento, di aggiornamento, o una baby-sitter o un pericolo per i piccoli spettatori, soprattutto per l’aggressività e la violenza di certi programmi. Le scene violente e i protagonisti sono spesso attraenti, dotati di prestigio e rimangono di solito impuniti; queste caratteristiche possono spingere giovani e giovanissimi (specialmente i maschi) a imitare i loro beniamini e a considerare la violenza un modo normale per risolvere i conflitti sociali. Bisogna anche tenere presente che solo verso i 6-7 anni i bambini sono in grado di distinguere tra realtà e fantasia.
Alcuni consigli per ridurre gli effetti negativi legati a un uso incontrollato della TV:

  1. Limitare la visione a non più di 1-2 ore al giorno, possibilmente sempre nella stessa fascia oraria, evitando la mattina, prima di andare a scuola e la sera fino a tardi. Ambedue i genitori devono essere coerenti nel rispetto delle regole e nella scelta dei programmi.
  2. Scoraggiare la visione della TV ai bambini minori di 2 anni, favorendo attività interattive come parlare, giocare, cantare e leggere insieme. Oltre alla scarsa interattività, i ritmi troppo veloci dei programmi TV, con continui cambiamenti di luci, colori, movimenti e suoni non sono adatti per i piccoli.
  3. Non permettere la TV nella camera dei bambini: non c’è nessun controllo su ciò che il bambino vede e sul tempo passato alla TV.
  4. Non permettere l’uso autonomo del telecomando.
  5. Non guardare la TV durante i pasti, sono gli unici momenti della giornata in cui tutta la famiglia si ritrova e può parlare insieme.
  6. Spegnere la TV durante i compiti e quando i bambini sono impegnati in altre attività. E’ dimostrato che la TV accesa, anche solo come “rumore di fondo” disturba le attività di gioco.
  7. Evitare che durante la visione dei programmi il bambino si rimpinzi di merendine, patatine e bevande dolci.
  8. Evitare che il bambino assuma posture scorrette e controllare che l’apparecchio televisivo sia posto ad almeno tre metri di distanza e che il volume non sia troppo elevato.
  9. Cercare, quando possibile, di vedere insieme al bambino i programmi, commentandone i contenuti, aiutandolo così ad avere un atteggiamento più attivo di fronte alle immagini e ai messaggi televisivi.
  10. Scegliere programmi adatti alla età. Non è solo la violenza dei film e delle fiction a turbare i bambini. Episodi di cronaca particolarmente violenti come guerre e disastri naturali, specie se coinvolgono bambini, suscitano spesso intense reazioni emotive.
  11. Registrare i programmi di qualità.
  12. Offrire delle valide alternative alla TV mostrando che ci sono molte attività stimolanti e divertenti come leggere, ascoltare musica, cantare, favorire gli incontri con gli amici, piuttosto che stare seduti passivamente davanti a uno schermo.

Mononucleosi

Che cos’è:
La mononucleosi è una malattia infettiva causata dal virus di Epstein Barr (EBV).
L’EBV è un virus della stessa famiglia del virus della varicella (sono dovute allo stesso virus), che infetta un tipo di cellule del sistema immunitario (linfociti B).
Questa malattia è frequente e la trasmissione del virus avviene attraverso la saliva infatti viene detta anche “malattia del bacio”.La mononucleosi è diffusa soprattutto nella fascia di età che va dai 15 ai 25 anni, ma può essere trasmessa anche a una persona adulta. Nei bambini che contraggono la mononucleosi in età inferiore ai 12 anni (con lo scambio di giochi portati alla bocca), l’infezioneè quasi sempre asintomatica o con sintomi così lievi da venire, il più delle volte confusa con una normale influenza.

Come si riconosce:
In molti individui il decorso della malattia è asintomatico.
I sintomi principali sono simili a quelli di una comune infezione virale delle alte vie respiratorie e cioè: febbre, forte mal di gola, di testa, debolezza, uno stato di malessere generale, diffusi dolori muscolari, ingrossamento dei linfonodi (soprattutto quelli del collo) e della milza, talvolta anche del fegato; più raramente si manifesta un esantema (simile al morbillo).
Esistono degli esami di laboratorio specifici per la diagnosi della malattia.

Come si trasmette:
Il contagio avviene per contatto con le secrezioni del naso, bocca e faringe, in particolare con la saliva (bacio, condivisione di bicchieri, stoviglie, giocattoli). Il periodo di incubazione nell’adulto è di 4-6 settimane (1-3 settimane nel bambino).
Le persone con mononucleosi possono continuare a trasmettere il virus attraverso la saliva anche mesi dopo la guarigione.

Come si previene o si cura:
La mononucleosi ha nella maggioranza dei casi una evoluzione benigna. Come detto nei bambini e negli adolescenti (fino a 15 anni), il virus può causare una malattia lieve rispetto agli adulti per i quali i sintomi sono più gravi e durano più a lungo. Non vi sono cure specifiche, se non il paracetamolo per febbre/dolore.
Si consiglia il riposo a letto e la sospensione di tutte le attività sportive per almeno 1-2 mesi nei casi a rischio di complicanze (p.es. aumento di volume della milza). Non c’è terapia causale, ne' vaccino. Eventuali trattamenti sintomatici sono indicati solo su prescrizione medica
Il decorso della malattia di solito è di 10 giorni circa, ma i linfonodi rimangono aumentati per altre 2-3 settimane e il senso di affaticamento può rimanere anche per 4-6 settimane.

Bambini e Internet

I ragazzi/bambini sono sempre più attratti dalle tecnologie: lettori di musica e di video, telefoni cellulari, internet.
I giovani si collegano a internet prevalentemente per chattare, partecipare a reti sociali come Facebook, scaricare musica, film o programmi, utilizzare motori di ricerca come Google e You-Tube. Data la mancanza di controllo, la navigazione in rete comporta il pericolo di imbattersi in siti contenenti materiale pornografico e di fare “incontri” pericolosi. Molti adolescenti ricevono messaggi da sconosciuti, forniscono dati personali (indirizzo, telefono, email), scambiano messaggi, foto e filmati, e talvolta si incontrano realmente. Anche l’uso del telefonino, che in molti casi consente il collegamento a internet, può comportare rischi. Pochi ragazzi raccontano di queste esperienze ai genitori, che spesso si trovano impreparati sul da farsi. Le proibizioni servono a poco, se non a stimolare la curiosità. Sarebbe utile mettersi nelle condizioni di saper navigare con i figli, scoprendo insieme le risorse della rete (utilità e rischi).
Nel caso in cui i ragazzi si imbattano in siti contenenti materiale pedopornografico o illegale questi possono essere segnalati alla Polizia Postale.

A fronte di questi potenziali pericoli la rete è anche però una fonte inesauribile di informazioni, documenti, intrattenimento, sempre disponibili, gratuiti e in continuo aggiornamento, anche se non sempre di qualità.

Alcune semplici regole da insegnare ai ragazzi possono essere utili per evitare rischi:

Epilessia e Maternità

Le donne in età fertile che assumono farmaci antiepilettici, devono tener presente che l’efficacia della pillola anticoncezionale può essere ridotta dalla terapia farmacologica, per cui se non si desidera una gravidanza è opportuno utilizzare in aggiunta un secondo metodo contraccettivo.
Nel caso si desideri un bambino, non ci sono ragioni per ritenere che le donne affette da epilessia non possano avere una gravidanza sana. Sebbene esista un rischio maggiore di
complicanze, con un controllo medico adeguato, la gravidanza è possibile riducendo i rischi sia per la madre che per il nascituro.
A questo proposito alcuni consigli possono essere utili:

Coliche nel neonato

Quando si parla di "coliche" ci si riferisce a crisi di pianto intense e prolungate, inspiegabili, che possono presentarsi nei neonati nei primi 3-4 mesi di vita, generalmente nelle ore dal tardo pomeriggio alle prime ore della notte.
La comparsa di coliche gassose è un evento piuttosto frequente nei neonati e rappresenta spesso una preoccupazione per molti genitori che non sanno come comportarsi quando il pianto diventa inconsolabile.
Le coliche gassose sono caratterizzate da un pianto improvviso, incontrollabile e continuo, il viso diventa arrossato, l’addome teso e le gambe flesse sulla pancia; a volte il neonato si irrigidisce e si contorce, emettendo gas dall'intestino. Quando si riscontrano questi segnali è bene anzitutto consultare il pediatra che escluderà problemi per malattie più gravi.
Esistono diverse “tecniche” in grado di calmare o perlomeno alleviare il pianto del bambino, ma trattandosi di un fenomeno molto complesso non è detto che lo stesso metodo sia efficace per tutti i bambini.

Importante, soprattutto per la mamma è mantenere la calma, il bimbo percepisce infatti l'ansia e il nervosismo che affliggono spesso i genitori esasperati da notti insonni.

Alcuni semplici accorgimenti possono aiutare, temporaneamente a dare sollievo al
bimbo:

Non è opportuno somministrare farmaci, in quanto sono risultati poco efficaci.
Anche il simeticone, farmaco molto diffuso, è risultato di scarsa utilità.
Spesso si ricorrere all’uso di sondini o clisteri rettali nel tentativo di favorire l’eliminazione dell’aria intestinale, ma questa prassi è da effettuarsi solo dopo consulto con il pediatra.

Depressione post parto

Nei giorni che seguono la nascita del bambino molte donne sperimentano un senso di tristezza, ansia, irritabilità, sbalzi d'umore, pianto (la cosiddetta sindrome baby blues).
Questi sintomi sono normali e generalmente scompaiono dopo pochi giorni o settimane. Infatti è spesso necessario un periodo di assestamento in cui il nuovo nucleo familiare si ridefinisce e si adatta alle abitudini e ai bisogni quotidiani. Ci sono però alcuni casi in cui le difficoltà iniziali sembrano aumentare piuttosto che diminuire e le neo mamme, così come i neo papà, possono presentare:

Questi genitori soffrono di “depressione post parto”.
Meno frequenti sono i casi di psicosi post parto, che si presenta solitamente come una grave forma di depressione, in cui sono presenti anche deliri (false opinioni, convinzioni bizzarre), allucinazioni (sentire voci o vedere le cose che non sono reali); pensieri riguardanti il fare del male al bambino.
Nonostante le cause precise della depressione post parto non siano note è possibile comunque intervenire ed è importante farlo tempestivamente.
Se i sintomi che si presentano sono lievi (baby-blues) può essere d’aiuto riposarsi molto, approfittando anche dei brevi sonnellini del bambino. È sempre importante chiedere l’aiuto del partner, di familiari e amici, prendersi cura di sé (curarsi il corpo, vestirsi e uscire anche per una breve passeggiata o prendersi una pausa affidando il bambino alle cure dei nonni o di una baby-sitter dedicandosi ad attività piacevoli).
Se i sintomi che si presentano sono invece persistenti è importante rivolgersi ad un medico o ad uno psicologo che valuterà l’opportunità di un intervento, sia esso farmacologico, psicologico (terapia individuale o di gruppo, con il coinvolgimento, se possibile di entrambi i genitori) o sociale (attivazione di reti sociali di supporto al neogenitore con il coinvolgimento del partner, dei familiari, degli amici e di gruppi di sostegno).
Questo tipo di disturbo può avere importanti ripercussioni nella vita dei neo genitori ma anche nella vita dei loro figli. È dunque fondamentale non esitare e chiedere aiuto e consiglio, anche a figure sanitarie.

SIDS - Morte in culla

La SIDS, acronimo del termine inglese Sudden Infant Death Syndrome, comunemente conosciuta come "morte in culla", è la morte improvvisa e inaspettata di un lattante apparentemente sano, che rimane senza spiegazione anche dopo l'esecuzione di alcuni esami dopo la morte (tra cui l'autopsia). Quella di SIDS è quindi una diagnosi di esclusione (si escludono altre possibili cause di morte).
La SIDS nei paesi industrializzati colpisce circa un bambino ogni 2000 nati vivi; in Italia questo equivale a circa 300 bambini l'anno morti per SIDS.
La SIDS si manifesta nel primo anno di vita, è più frequente tra i 2 e i 4 mesi, e colpisce più i maschi delle femmine. È una morte che si verifica rapidamente, durante il sonno, sia di giorno che di notte, senza segni di sofferenza.
La causa della SIDS non è nota. Si ipotizza che alcuni neonati abbiano, per motivi genetici, delle alterazioni nei meccanismi che controllano il battito del cuore e la respirazione durante il sonno.
Anche se non si conoscono le cause, gli studi epidemiologici hanno però identificato alcuni comportamenti che aumentano il rischio di SIDS, in particolare: mettere il bambino a dormire a pancia in giù e fumare da parte dei genitori e delle persone che si prendono cura del bambino.
Al contrario, è provato che alcune regole comportamentali riducono il rischio di SIDS.
In particolare, si raccomanda di:

È inoltre importante, se possibile, allattare esclusivamente al seno il bambino nei primi sei mesi di vita.
Seconùdo alcuni studi anche l’uso del succhiotto potrebbe contribuire a ridurre il rischio.
In ogni caso, bisogna introdurre l’uso del succhiotto dopo il primo mese di vita e non forzare il bambino nel caso lo rifiuti.
E’ documentato che mettere in pratica queste semplici norme contribuisce a dimezzare il numero di neonati morti per SIDS (- 150 ogni anno).
Queste norme devono essere seguite sia dai genitori che dalle altre persone che si prendono cura del bambino.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il link dell'Associazione Semi per la SIDS.

Incidenti domestici

I bambini sono costantemente alla scoperta e spesso affrontano rischi e pericoli, in particolare tra i due e i tre anni di età. Piccole disattenzioni possono avere conseguenze drammatiche: una finestra aperta, un fornello acceso, i detersivi lasciati a portata di mano.... Bisogna controllare la vivacità di un bambino non vietando tutto e non mettendo ogni cosa sottochiave, bensì spiegando il corretto uso di oggetti, giocattoli, elettrodomestici, mobili... I pericoli più frequenti sono rappresentati dal soffocamento, ingestione di piccoli oggetti (p.es. monetine); strangolamento (p.es. da catenine o dai bavaglini intorno al collo); avvelenamento (per ingestione accidentale di medicine o prodotti per la casa lasciati
incustoditi) e infine dalle cadute.

Intossicazione e avvelenamento. E’ importante seguire alcuni consigli per la prevenzione:

Prestare attenzione anche alle piante, alcune varietà contengono sostanze che possono risultare velenose, ma il rischio si corre solo quando vengono ingerite le foglie, i frutti o le parti del fusto.

Cosa NON fare - Non indurre mai il vomito. Il vomito può peggiorare la situazione. Non somministrare latte (è inutile e in qualche caso può favorire l'assorbimento della sostanza tossica). Non improvvisare rimedi casalinghi. Non far mangiare mai il bambino dopo
un’intossicazione. Non assaggiare il prodotto.

Cosa fare - Telefonare al 118 o a un centro antiveleni.

Centro Antiveleni di Cesena 0547 351612
Ospedale Maurizio Bufalini - Via Giovanni Ghirotti, 286 - 47521 CESENA Orario: 24 ore su 24

In caso di assunzione accidentale il bambino inizialmente può non presentare alcun sintomo contattare subito il Centro Antiveleni o il 118: questo è il momento migliore per intervenire ed impedire che la sostanza tossica venga assorbita. Riferire più dettagli possibili sulla sostanza assunta e su quando è avvenuta l’assunzione (p.es. nome commerciale del prodotto; quantità presunta che è stata assunta; per quanto tempo il bambino è rimasto da solo; quali sono i sintomi del bambino). Nel caso in cui il bambino venga condotto in ospedale, ricordarsi di portare il contenitore della sostanza assunta.

Cadute
Per quando si faccia attenzione, le cadute si verificano, soprattutto quando il bimbo diventa più attivo e vorrebbe arrampicarsi dappertutto.
Non lasciare mai il bambino da solo sul fasciatoio, su letti senza sponde, su divani o poltrone, neanche per brevi momenti. Usare cancelletti per le scale, e assicurarsi che finestre e balconi siano protetti da parapetti.
Se il bimbo cade e urla, cercare di calmarlo, non esitare ad andare subito al pronto soccorso se il bambino vomita, ha un’aria assente o assonnata, ha movimenti anomali degli occhi, rifiuta il cibo. E’ buona prassi controllare il bambino nelle 48 ore successive al trauma. Se il trauma è lieve per limitare il dolore è utile l’utilizzo del ghiaccio.

Scottature
Usare griglie di protezione intorno ai fornelli. Nel caso di piccole scottature eliminare con cautela ogni indumento e lasciare scorrere dell'acqua fresca per diversi minuti sulla parte di pelle interessata, disinfettare e coprire con garze sterili.
Non utilizzare creme, unguenti o altri prodotti che impediscono la traspirazione o possono causare infezioni. Se la scottatura sembra grave, consultare il pronto soccorso.

Ingestione
Se il piccolo si è messo qualcosa in bocca che ostruisce le vie respiratorie, favorire la tosse, se l’oggetto (parte di un giocattolo, una monetina o del cibo) non può essere espulso, calmare il bimbo per farlo tornare a respirare. Non intervenire per asportare manualmente l’oggetto, altrimenti si rischia di spingerlo più in profondità.
Chiamare immediatamente il pronto soccorso.
Se la situazione è di estrema urgenza, bimbo cianotico che non respira e non tossisce, si può cercare di far espellere l’oggetto con due diverse manovre in relazione all’età del bambino:
Meno di 1 anno: tenere il piccolo in posizione prona (a testa in giù) sulle ginocchia, posizionato sull'avambraccio in modo da creare un piano rigido e tenendolo per la mandibola per cercare di aprire la bocca, dare 5 colpi decisi tra le scapole con via di fuga laterale (per non colpire il capo), poi girare il bambino in posizione supina (a faccia in su) mantenendolo come nella manovra precedente ed eseguire 5 pressioni toraciche con due dita o il palmo della mano, nella parte inferiore dello sterno (evitando di comprimere l’addome), continuare ad alternare queste manovre fino all’espulsione dell’oggetto.
Da 1 anno in su: posizionarsi dietro il bambino, avvolgendo con le braccia in avanti, a livello dello stomaco, esercitare colpi decisi di pressione verso dietro e in alto. Anche in questo caso la manovra va ripetuta fino all’espulsione dell’oggetto.

Nati per la musica

Cari genitori,
La musica svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo globale dell'individuo.
Agisce sugli stati d’animo più profondi e sulle emozioni, è nutrimento della mente e dello spirito, ma anche divertimento, gioco, strumento per sviluppare le potenzialità espressive e creative della persona.
Vera e propria forma di comunicazione, la musica entra in gioco nella vita del bambino fin dai suoi inizi e gli permette di interagire con gli altri e con l’ambiente.
Il fare musica in famiglia, giocando con la voce e con i suoni, rafforza il legame affettivo tra adulto e bambino ed è fonte di benessere.
La qualità dell’ambiente musicale in cui il bambino cresce incide profondamente sulle capacità di capire, di apprendere e di amare la musica.

La musica non deve essere privilegio di pochi, ma patrimonio di tutti.

La musica aiuta il bambino a:

Non esistono preclusioni sulla scelta dei generi musicali da proporre al bambino (musica classica, popolare, pop, country ecc.). L’importante è che i motivi siano graditi e che l'ascolto della musica sia un'esperienza piacevole.
Alcune indicazioni che possono aiutare a comprendere lo sviluppo del bambino:

In gravidanza
Cantare e ascoltare musica. Una volta venuto al mondo, il bimbo è in grado di riconoscere le melodie ascoltate traendo effetti rassicuranti dall’interazione con la mamma che canta.

Ambiente sonoro
Limitare la presenza dei rumori nelle case per creare condizioni che rendano più piacevole l’ascolto e la produzione di suono.

L’esplorazione sonora dei bambini
Offrire oggetti e piccoli strumenti che producono suoni. Prestare attenzione ai bambini ascoltando e valorizzando le loro scoperte sonore.

Giocare cantando
Ripetere e variare melodia e ritmo dei canti. Man mano che i bambini crescono, ampliare il repertorio di canzoni abbinandole anche a gesti e giochi di movimento.

L’ascolto condiviso
Abituare precocemente i bambini all’ascolto di musica dal vivo. Ascoltare canzoncine, ninne nanne, filastrocche e brani musicali insieme ai bambini, sollecitandoli a partecipare cantando, battendo le mani, accompagnando con strumenti. Assecondare la naturale attitudine dei bambini a reagire alla musica con il movimento del corpo.

Igiene dentale

La carie rappresenta una progressiva distruzione della struttura del dente: è provocata da batteri che trasformano gli alimenti, in particolare lo zucchero e l’amido, in acidi, che combinandosi con la saliva formano una sostanza appiccicosa che aderisce ai denti chiamata “placca batterica”. Se questa placca non viene rimossa, la carie inizia la distruzione dei tessuti duri del dente (lo smalto), producendo una cavità sempre più ampia. La carie è generalmente indolore fino a quando i fori non diventano molto grandi e incidono sui nervi o provocano un ascesso.
La carie può interessare sia i denti permanenti che i denti “da latte”.
Pulirsi i denti regolarmente ogni giorno, ogni volta che si mangia e in maniera corretta è il modo migliore per prevenire o ridurre la carie.
Il bambino va educato all’igiene orale sin dallo spuntare del primo dentino ma, al di sotto dei 6 anni, ha bisogno del controllo di un adulto per il corretto uso dello spazzolino (spazzolare i denti verticalmente prima sul lato esterno e poi su quello interno).
Importante è effettuare almeno una volta all’anno una visita di controllo dal dentista o dal pediatra; i controlli regolari permettono di individuare eventuali carie, malformazioni e anomalie (denti storti).
Un’alimentazione ricca di carboidrati (pane, pasta, prodotti di pasticceria) e soprattutto di zuccheri semplici (zucchero da tavola, caramelle, gomme, bevande zuccherate, marmellate, miele e dolci in genere) favorisce la formazione della carie, e quindi è importante ridurre il più possibile tutti gli alimenti zuccherati (che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non dovrebbero superare il 10% dell’apporto quotidiano di energia).
L’uso di dentifrici contenenti fluoro (in particolare con concentrazione di almeno 1000 parti per milione, ppm) è efficace nel prevenire la carie. Il fluoro infatti è in grado di rendere lo smalto del dente molto resistente all’attacco degli zuccheri. Poiché i bambini più piccoli (in particolare nei primi 3 anni di vita) possono ingerire il dentifricio, potrebbero assumere una quantità eccessiva di fluoro. Al di sotto dei 6 anni di età occorre quindi applicare una piccola quantità di dentifricio sullo spazzolino: solo un “velo” nei bambini da 1 a 3 anni, o un “grano di pisello” in quelli più grandi. In alternativa, si può valutare con il pediatra o il dentista se usare dentifrici a basso contenuto di fluoro.
A volte la quantità di fluoro introdotta con gli alimenti o bevande, soprattutto durante l’infanzia, non è sufficiente a proteggere i denti, soprattutto nelle aree con basso contenuto di fluoro (<0,6 ppm) nell’acqua potabile. Il pediatra o il dentista potranno valutare se integrare la dieta con l’aggiunta di fluoro (in gocce o pasticche).
Non bisogna comunque esagerare con il fluoro: un uso eccessivo può creare problemi sia alla crescita del bambino che allo smalto dentale.

Sicurezza in bici

La bicicletta è un mezzo spesso utilizzato per portare a spasso il bimbo,è divertente e rilassante, purché si seguano alcune semplici regole di base, a partire dalla scelta del seggiolino.
Prima dell’istallazione del seggiolino è bene effettuare una verifica sulle condizioni generali della bici: freni in buono stato, gomme ben gonfie, luci e campanello funzionanti, presenza dei catarifrangenti per le ore notturne.
Il bimbo dovrà essere trasportato su un apposito seggiolino composto da: sistema di fissaggio alla bicicletta (davanti sul manubrio o dietro al sellino), cinture di sicurezza regolabili, sedile con schienale e braccioli per garantire una buona postura, appoggia piedi per evitare che il piccolo infili i piedi tra i raggi.
Verificare che il seggiolino non abbia parti pericolose, come spigoli o aperture in cui il bimbo possa infilare le dita rischiando di farsi male.
Esistono diversi tipi di seggiolino, importante nel momento dell’acquisto assicurarsi che sia omologato CEE, sia compatibile con il proprio mezzo, e soprattutto verificare che il peso che può supportare sia adatto con quello del bambino.
Il trasporto di bambini fino ad otto anni di età va effettuato in maniera tale da non ostacolare la visuale del conducente e da non intralciare la libertà di manovra, quindi il seggiolino va installato:

E’ importante abituare il bambino ad indossare il caschetto per proteggere la testa in caso di caduta. Educare il bambino al caschetto significa far capire che è parte integrante della bici, in modo che l’associazione bici/caschetto sia automatica e non forzata, abitudine che adotterà sicuramente anche in futuro.
Il modo migliore è l’esempio: cioè che lo indossi per primo chi trasporta il bambino.
Con la bicicletta i bambini accrescono ancora di più la loro autonomia e migliorano il senso dell’equilibrio, della velocità, delle distanze, ecc. Nello scegliere la bicicletta del bambino è importante che la misura sia proporzionale alla sua altezza. Il bambino sedendosi sul sellino deve potere appoggiare completamente i piedi per terra.

Sicurezza in moto

Scooter e motociclette fanno ormai parte della vita quotidiana. C'è chi sceglie di utilizzarli per trasportare il proprio bambino a scuola e anche per andare in vacanza. Esistono poche e intuitive regole da rispettare, la prudenza, innanzi tutto, e l’abbigliamento giusto.
L'art. 170 del Codice della Strada vieta il trasporto in moto di bambini sotto i 5 anni di età, e prevede che il bambino trasportato possa sedere comodamente e correttamente nel posto del passeggero (dietro al pilota) appoggiando entrambi i piedi sulle pedane.
La sella deve assicurargli una posizione comoda e sicura, deve essere omologata, dotata di maniglie ai lati e poggiapiedi regolabili secondo la lunghezza delle gambe.
Non deve avere cinture di sicurezza perché in caso di incidente il bambino rimarrebbe ancorato al veicolo con conseguenze drammatiche.
Il casco deve essere omologato, avere peso e resistenza aerodinamica proporzionati alla conformazione corporea (la testa del bambino è proporzionalmente più grande e pesante rispetto al resto del corpo), alla muscolatura (quella del collo non è ancora ben sviluppata), e standard di sicurezza identici a quelli degli adulti. E’ da preferire il casco integrale perché protegge anche il viso; meglio se la parte interna è estraibile, lavabile e in tessuto traspirante. Il casco deve essere sempre allacciato!
L’abbigliamento tecnico (abbinato a scarpe chiuse) è indispensabile nei viaggi in moto perché il bambino sia protetto non solo in caso di caduta, ma anche contro l’impatto di aria, intemperie, piccoli detriti e insetti.
Se il capo d’abbigliamento non ha protezione per la schiena, gli si può abbinare un buon paraschiena che deve assicurare comfort e libertà di movimento, deve poter essere indossato sotto la giacca o il giubbino e consentire un’aerazione diffusa a favore di un eccellente scambio termico. Solitamente, i paraschiena sono dotati di bretelle regolabili e di fascia lombare che li rende facili da portare, quasi come uno zainetto.
L'abbigliamento protettivo ideale deve avere inserti rifrangenti a garanzia della massima visibilità, essere impermeabile e traspirante e, per le giornate più fredde, avere l’imbottitura termica. Deve essere completato da guanti, accessori e occhiali.
Un abbigliamento underwear specifico, mantiene costante la temperatura corporea ed evita quei fastidiosi spifferi d’aria lungo la schiena che annunciano possibili fastidi.
Il bambino deve difendersi anche dalle punture di vespe, calabroni e api che possono infilarsi nel casco o nel vestiario.
Viaggiare in moto non è intuitivo, ma richiede preparazione e allenamento.
Occorre dare al bambino il tempo di “capire” la moto e di abituarsi a seguire il guidatore nella guida insegnandoli che deve stare fermo il più possibile e tenere i piedi sulle pedane o nelle staffe.
Il suo senso di stanchezza è diverso dal quello del guidatore perché il bambino non è abituato al viaggio in moto!
Il bambino deve essere libero da qualsiasi peso perché il suo corpo è sottoposto alle sollecitazioni provocate dall'accelerazione che lo spingono avanti e indietro compromettendo il suo l’equilibrio quindi… niente zaino in spalla!
Il bagaglio va legato alla moto.
Con il giusto equipaggiamento, il bambino può affrontare anche qualche viaggio.
Naturalmente, la velocità deve essere ottimizzata per favorire l'equilibrio tra l'adulto e il piccolo passeggero. Nel caso di lunghi percorsi, è necessario fare qualche tappa.
Sono sufficienti solo pochi minuti, per permettere al bambino di riposarsi, distrarsi e riprendersi dal peggior pericolo del passeggero, la sonnolenza, dovuta al percorso
lineare e alle vibrazioni costanti della moto.
La frequenza ideale delle tappe per un bimbo di 8 anni è circa una ogni cento chilometri, ma deve essere regolata in base all’età e alle sue esigenze.
É importante che adulto e bambino possano comunicare.
L’adozione di un interfono permette all’adulto di assicurarsi costantemente sulle condizioni del bambino (se è a proprio agio e soprattutto se è sveglio) e al bambino permette di comunicare qualsiasi problema, di conversare o semplicemente di essere rassicurato dalla voce dell’adulto.
Il vero pericolo è la caduta improvvisa a causa del fondo stradale scadente o della decelerazione contro un ostacolo fisso. Anche se non grave, può avere ripercussioni anche sulla psiche del bambino poiché incrina la fiducia nell’adulto cui si è affidato, determina paura nei confronti dell’ambiente, soprattutto degli spazi esterni che sono percepiti come incombenti e nemici. Il bambino può chiudersi progressivamente agli stimoli esterni; inoltre, finisce per collegare moto e strada a pericolo quindi paura, con una conseguente alterazione della valutazione del rischio reale.

Rispettate attentamente tutte le norme di sicurezza perché le insidie sono sempre in agguato anche quando dobbiamo andare soltanto “dietro l’angolo!”.

Piedibus

In molte città grandi e piccole, le strade sono intasate per ore e i livelli d’inquinamento atmosferico e acustico rappresentano un pericolo per la salute.
All’entrata e all’uscita dei bambini, le scuole vengono prese d’assalto dalle automobili che congestionano l’intera zona di traffico. Paradossalmente siamo proprio noi che per proteggere i nostri figli contribuiamo ad aumentare i pericoli e il degrado dell’ambiente.
Promuovere l’andare a scuola a piedi è un modo per rendere la città più vivibile, meno inquinata e pericolosa. Dobbiamo cominciare a cambiare le nostre abitudini e il PIEDIBUS è il modo più sicuro, ecologico e divertente per andare e tornare da scuola.
Il Piedibus è un’occasione per assicurare il mantenimento della forma fisica, socializzare, farsi nuovi amici e arrivare di buon umore all’inizio delle lezioni.
E’ come un autobus che va a piedi, formato da una fila di bambini che vanno a scuola in gruppo, accompagnati da alcuni adulti (mamme, papà, nonni, volontari, polizia locale…), che fanno da “autista” davanti e da “controllore” a chiusura della fila.
Il Piedibus, come un vero autobus di linea, parte da un capolinea e seguendo un percorso stabilito raccoglie passeggeri alle “fermate” predisposte lungo il cammino, rispettando l’orario prefissato.
Il Piedibus viaggia col sole e con la pioggia; lungo il percorso i bambini chiacchierano con i loro amici, imparano cose utili sulla sicurezza stradale e si guadagnano un po’ di indipendenza. Ogni Piedibus è diverso, adattandosi alle esigenze dei bambini e dei genitori, può nascere in ogni scuola e può essere un aiuto per quei genitori che, per problemi di lavoro, non hanno molto tempo per accompagnare i figli a scuola e possono in questo modo affidarli ad altri genitori che si rendano disponibili per accompagnare il gruppo (per maggiori informazioni è possibile consultare il sito Piedibus).

I tragitti da percorrere in sicurezza fino a scuola sono definiti insieme alla Polizia Locale attraverso questionari, rilevamenti e mappature del quartiere.
Condizioni indispensabili per la buona riuscita dei Piedibus sono: sensibilità ai temi dell’ambiente, della salute, della sicurezza; dialogo, collaborazione e partecipazione attiva di tutti (scuola, famiglia, associazioni, istituzioni); individuazione di un gruppo promotore nella scuola; inserimento del progetto Piedibus nel Piano dell’Offerta Formativa della scuola.

Per una buona notte - I disturbi del sonno

Il sonno di un bambino è diverso da quello di un adulto; nei primi mesi di vita il bambino non distingue fra giorno e notte, il suo ritmo è regolato dai suoi tempi di fame e di stanchezza che sono molto brevi. Bisogna quindi che chi lo accudisce si adegui ai suoi ritmi. Dopo i 4 mesi il bambino comincia ad adattarsi progressivamente all’ambiente che lo circonda, aumentando il sonno nelle ore notturne. È importante educare il bambino al momento della nanna con una adeguata “igiene del sonno” utilizzando, fin dai primissimi mesi di vita, rituali che lo accompagnino all’addormentamento, senza forzature, fino all’età di 6-7 anni, quando il ritmo sonno veglia dovrebbe essersi consolidato.
Gli orari dell’addormentamento e del risveglio dovrebbero essere il più possibile costanti. Per un sonno più tranquillo il bambino dovrebbe avere la certezza di risvegliarsi nelle condizioni in cui preferisce addormentarsi (nella sua camera da letto, nel suo lettino o nella sua culla a pancia in su, e non in braccio). Meglio evitare l’abitudine al ciuccio o al biberon per addormentarlo.
Cantare una ninna nanna o leggere un libro al bimbo, parlando con un tono di voce calmo e costante ed evitando di alzare la voce, rappresentano una parte importante del rito della nanna. Bisogna far capire al bambino che la notte è il momento del sonno, separando le attività del giorno da quelle della notte ed evitando quindi di giocare con lui nel caso si svegli e di svolgere attività particolarmente stimolanti nelle ore precedenti il sonno (p.es. videogiochi, computer).
Quando è un po’ più grande scegliete insieme le cose da fare prima di andare a dormire (es. quale pigiama, quale canzoncina, etc.), ricordandogli con un certo anticipo, quando arriva l'ora di andare a dormire. Altra strategia utile potrebbe essere quella di non far fare i riposini dope le 16. Da evitare anche che si addormentamenti di routine sul divano di fronte alla televisione, anche se insieme a mamma e papà. E’ infatti importante che, nel momento dell’addormentamento, il bambino riceva le attenzioni necessarie e appunto vi siano rituali che lo accompagnano verso il sonno.
Il bambino con risvegli frequenti, difficoltà nell’addormentamento, incubi, panico notturno o sonnambulismo che si manifestano in maniera continuativa potrebbe soffrire di disturbi del sonno.
I disturbi del sonno possono manifestarsi in momenti particolari della vita del bambino, per esempio al momento dell’inserimento scolastico, e possono essere indizi di una situazione di disagio. Non vanno quindi trascurati se la loro presenza permane nel tempo, e anche negli adolescenti potrebbero essere indice di particolari difficoltà che il ragazzo sta attraversando. Potrà essere utile una adeguata igiene del sonno, ma anche la comprensione e l’accudimento di chi si prende cura del bambino, oltre il consultare uno specialista se i problemi persistono.
Non sono disponibili farmaci di provata efficacia e privi di effetti collaterali per il trattamento dei disturbi del sonno in età pediatrica, anche per le tisane (p.es. camomilla) l’efficacia non è documentata. Da evitare qualsiasi automedicazione. Il grave disturbo va diagnosticato e curato da uno specialista.

Asma

Che cos'è
L'asma è la malatia cronica più comune nell'infanzia e si manifesta con sintomi quali tosse, aumento della produzione di muco, respiro affannoso, e con sibili ("fischi" che si possono ascoltare appoggiando l'orecchio al torace del bambino o talvolta anche a distanza). La frequenza con cui possono comparire questi sintomi varia a seconda dei casi e del grado di controllo della malattia; in alcuni casi possono manifestarsi solo quando il bambino è sottoposto ad uno sforzo (asma da sforzo). Nell'asma la contrazione della muscolatura branchiale riduce il diametro delle vie aeree, ostacolando il passaggio dell'aria.

A cosa è dovuto?
L'asma è il risultato dell'interazione tra fattori genetici (se uno o entrambi i genitori hanno l'asma, il loro bambino avrà una maggiore possibilità di sviluppare asma rispetto al figlio di genitori senza storia di asma) e fattori ambientali (alcuni virus, fumo di sigaretta, gas di scarico, alcuni farmaci, inquinamento, aria fredda, etc.).
In alcuni casi l'asma può avere origine allergica come avviene per la rinite e la congiuntivite, provocate da sostanze dette "allergeni": p.es. pollini, acari e epiteli di cane e gatto.

Come si cura
Ci sono due gruppi di farmaci:

Come prevenire l'asma?
Dal momento che l'asma è causato anche da fattori genetici non è sempre possibile prevenirlo. Allattare al seno e evitare di fumare (in gravidanza e dopo il parto) hanno, comunque, un effetto protettivo.
E' possibile cercare di prevenire la comparsa di attacchi, evitando l'esposizione ai fattori scatenanti e, se necessario, con la terapia farmacologica.

La febbre nel bambino

Che cos’è?
La febbre è un aumento della temperatura corporea superiore ai 37°C se misurata per via ascellare o inguinale, o superiore ai 37,5°C se misurata per via rettale o orale. La febbre non è una malattia, ma un sintomo.
La causa principale della febbre nei bambini è una infezione da microbi (virus o batteri). In particolare gli episodi febbrili possono essere ricorrenti nel corso del primo anno di scuola materna. La febbre impedisce alla maggior parte dei microbi di moltiplicarsi ed è quindi un utile meccanismo di difesa.

Come si misura la febbre?
La misurazione ascellare è il metodo da preferire. Per la scelta del tipo di termometro sono da preferire quelli a Galinstan (una lega che ha sostituito il mercurio) o quelli che misurano la temperatura elettronicamente. Altri tipi di misurazione (rettale, orale, auricolare) andrebbero effettuati solo da personale sanitario.
In caso di febbre non coprire il bambino in maniera eccessiva, non è necessario che il bambino rimanga a letto, basta che non faccia sforzi fisici eccessivi, mentre è importante che il bambino beva più del solito. Non c'è motivo di forzarlo a mangiare se non ne ha voglia; ma è bene che i liquidi assunti contengano un po’ di zuccheri per evitare che il digiuno porti alla produzione di corpi chetonici (acetone) che accentuerebbero il malessere.
Non interrompere l ‘allattamento al seno: il materno è il migliore alimento anche per il bambino con febbre.
Le spugnature con acqua tiepida sono sconsigliate e quelle con alcool assolutamente da evitare.

Come si cura?
I farmaci antifebbrili vanno preferibilmente somministrati per via orale (gocce, sciroppo, bustine, compresse), ma se il bambino vomita e non riesce a trattenere niente nello stomaco, si può ricorrere alle supposte. È consigliabile non svegliare un bambino che dorme per dargli l'antipiretico: il riposo aiuta il corpo a combattere l'infezione.
Il paracetamolo è l'antipiretico di prima scelta, perché è efficace e ha pochi effetti collaterali.
L’ibuprofene deve essere considerato di seconda scelta e inoltre è controindicato in caso di
varicella, vomito e/o diarrea.
L’uso alternato o combinato di paracetamolo e ibuprofene è sconsigliato.
Questi farmaci vanno somministrati se:

Poiché la causa principale della febbre nel bambino è un’infezione virale che tende a guarire spontaneamente nell’arco di 3‐4 giorni, si possono attendere anche 72 ore prima di contattare il pediatra, purché il bambino continui a giocare e a bere. Vanno invece visitati quei bambini che presentano sintomi che fanno sospettare un’infezione batterica (mal di gola senza catarro, mal d’orecchio non controllabile con l’antidolorifico, affanno con o senza tosse, difficoltà a urinare, articolazione gonfia).
Contattare subito il pediatra se: l’età del bambino è inferiore ai 3 mesi; in presenza di: convulsione; torpore, sonnolenza eccessiva; collo rigido (non riesce a toccarsi il petto con il mento o a guardare in su); difficoltà respiratoria; petecchie o ecchimosi (piccole o grandi macchie emorragiche) sulla pelle.

Psoriasi

La psoriasi è una malattia della pelle. Nella forma più comune (psoriasi cronica a placche) si formano delle chiazze arrossate, con bordi ben definiti e ricoperte da croste biancastre soprattutto sui gomiti, le ginocchia, la regione sacrale e il capo. Le lesioni sono stabili e persistono a lungo; le chiazze possono assumere moltissimi aspetti e dimensioni.
Nel bambino la forma più frequente è caratterizzata dalla comparsa di piccole chiazze rosate di circa 1‐2 cm di diametro, a volte molto numerose, distribuite su tutto il corpo, prevalentemente al tronco (psoriasi guttata). Talvolta questa forma può presentarsi a seguito di una faringite, tonsillite o otite batterica.
La psoriasi può presentarsi a qualunque età, ma è più comune dai 10 ai 40 anni, e in particolare al momento della pubertà e della menopausa, per motivi non ancora chiariti.
E’ generalmente asintomatica, solo in alcuni casi, può comparire prurito (per es. alla base del cuoio capelluto); non è contagiosa, non è una malattia infettiva e non è assolutamente causata da una scarsa igiene o pulizia.
La psoriasi ha quasi certamente una base ereditaria anche se alcuni fattori sono scatenanti, ad es. traumi, irritazioni, scottature, infezioni, reazioni a farmaci aumento di peso e obesità, eventi stressanti maggiori.
Si tratta di una malattia cronica recidivante della pelle, ma è possibile, soprattutto nei bambini, che le lesioni non si ripresentino più per tutta la vita.
La diagnosi di psoriasi e qualsiasi trattamento devono essere eseguiti dal dermatologo, da evitare qualsiasi automedicazione.
In età pediatrica le terapie sono quasi esclusivamente di tipo locale. Si usano creme a base di cortisonici, derivati della vitamina D, catrame vegetale.
Vanno, inoltre, utilizzate frequentemente le creme emollienti e idratanti.
Nelle forme squamose, e solo nel bambino più grande, possono essere utilizzate creme in grado di far staccare le squame e favorirne l’eliminazione, come quelle contenenti acido salicilico.
Nelle forme particolarmente diffuse si può proporre la fototerapia con ultravioletti B specie a banda stretta o un trattamento sistemico. In genere, può essere utile l’esposizione al sole ma con cautela perché l’eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti non è consigliabile in età pediatrica.
Per tale motivo si devono comunque osservare le stesse accortezze consigliabili a tutti i bambini sani.

Data ultima modifica: 04 gennaio 2013.